I momenti difficili, nella vita, non ci vengono preannunciati. Come affrontarli e, meglio, tentare di superarli è lo spunto del nostro biblista Ludwig Monti per rivivere la magia di Roger Federer su Nadal nella finale dell’Australian Open 2017
E poi arriva, inattesa, l’ora più buia. Nella vita come nel tennis. Allora ogni umano ha i suoi riferimenti, la sua àncora. Potrei meditare su diversi passi del Vangelo, ma non credo vi interesserebbe. Faccio dunque ancora una volta un atto di Federer, oggi senza un preciso anniversario o appiglio alla cronaca tennistica. È la vita a chiederlo. Come uscire dall’ora più buia?
Melbourne, 29 gennaio 2017, finale degli Australian Open tra Roger e Rafa. Entrambi vengono da una lunga pausa forzata per infortunio; sono rispettivamente (e incredibilmente) numero 17 e 9 del ranking. Finale imprevista, allo stato razionale delle cose. Meraviglia generale, retorica a fiumi. E Roger non batte Rafa in uno Slam da Wimbledon 2007…
Vittoria abbastanza netta nel primo set da parte di Roger, 6-4: una speranza fa capolino. 3-6 nel secondo: vecchi fantasmi all’orizzonte. 6-1 nel terzo: forse non tutto è perduto. 3-6 nel quarto. Altalena eloquente: i due rivali di una vita non possono affrontarsi all’arma bianca come anni fa, come a Wimbledon 2008 e Australian Open 2009. Quando un set è dato per perso, si limitano i danni, lasciandolo andare in attesa del prossimo. Grande lezione esistenziale… Ed eccoci al quinto set, dopo il quale non ce ne saranno altri. Subito break di Rafa, confermato in rapida successione: dopo 3 ore e 7’ il Re è sotto, 1-3.
È finita? Mi sovviene una delle pagine iniziali di Open, copyright Agassi. Merita: “Non è un caso che il tennis usi il linguaggio della vita. Vantaggio, servizio, errore, break, love (zero), gli elementi basilari del tennis sono quelli dell’esistenza umana, perché ogni match è una vita in miniatura … I punti diventano game che diventano set che diventano tornei, ed è tutto collegato così strettamente che ogni punto può segnare una svolta. Come i secondi che diventano minuti che diventano ore, e ogni ora può essere la più bella della nostra vita. O la più buia. Dipende da noi”. Da noi? Spesso, non sempre. Che fare? Continuare solo (solo?) a lottare punto per punto, ora per ora, giorno per giorno. Al momento presente non c’è altro da fare, nessuno conosce il poi.
Dopo una breve pausa per trattamento medico, Roger rientra in campo con lo sguardo più che mai concentrato e in un sospiro si porta sul 4-3. Non so come, forse neanche lui. Un passo indietro: andatevi a rivedere gli ultimi 22’ di partita, dall’1-3, appunto. Possibile almeno in due modalità:
Nell’ottavo gioco ecco il punto della partita: una partita nella partita nella partita, a tre ore e mezzo scarse dal suo inizio. Indescrivibile: 26 colpi, i due corrono come gazzelle da una parte all’altra, i cronisti sussultano, gli spettatori ormai urlano durante lo scambio. Ma le loro articolazioni non cederanno? E come tacere? “Se questi taceranno, grideranno le pietre”, direbbe Gesù… Roger vince lo scambio e stringe il pugno. Gli sguardi dei due sono il romanzo di una vita in un frammento. “Siamo fortunati a poter vedere questo proprio ora. Potremo raccontare ai nostri nipoti di questo scambio”, dice il telecronista. Facile dirlo da fuori, ma quando ci sei dentro… Poi Roger vince il game e subito dopo il game finale, ancora con brivido e suspence. Ma questa è storia.
Come uscire dall’ora più buia? Forse concentrandosi sull’istante presente. Forse continuando a perseverare in ciò che si ritiene giusto: “Con la vostra perseveranza guadagnate la vostra vita”, dice Gesù. Forse non arrendendosi allo scoramento. “Chi sa?”, direbbe il nostro amico Qohelet. Roger ci ha lasciato in ogni caso una scia. Riusciremo a seguirla? Forse sì. Iniziando, ora, a porre un elementare ed estremo atto di Fede(rer): credere che possono toglierci tutto ma non il diritto alla vita (e al break più inatteso). In un campo di tennis come sulle strade della vita. Questa la via affinché la notte risplenda come il giorno. Questo il nostro Slam.