La prima afroamericana numero 1 della storia del tennis compie quarant’anni e non ha alcuna intenzione di smettere: il suo ruolo nel sociale, il rapporto con Serena e la malattia

I 40 anni di Venus: pioniera e icona sociale

Pioniera, icona, leggenda. Venus Ebony Starr Williams compie 40 anni e, a posteriori, quell’altisonante nome registrato all’anagrafe il 17 giugno del 1980 aveva già previsto tutto. “Venere Nera” ma soprattutto una stella, un astro che ha assunto il mai semplice ruolo di spartiacque nel tennis e, in generale, nello sport femminile. E lo ha fatto on un mondo malato, così beffardamente simile in questi giorni ai tempi della sua infanzia e alle prime querelle razziste sul colore della pelle di quella fenomenale under-12 che in Sud California aveva inanellato 63 vittorie consecutive. Fortunatamente, era solo la prefazione di un romanzo a lieto fine tutto da scrivere. A partire da quell’esordio sul circuito professionistico a soli 14 anni, con wild card a Oakland e un 6-3 6-4 rifilato alla top-60 Stafford, prima di sfiorare l’impresa al secondo turno con l’allora numero 2 Arantxa Sanchez Vicario, sotto di un set e un break prima di riuscire a far valere il proprio status. Solamente il preludio del dominio partito con li nuovo millennio, con quel 2000 da 35 successi di fila (una striscia tuttora imbattuta), i primi due titoli dello Slam (dei sette in generale nei 49 trofei complessivi) a Wimbledon e agli Us Open inframezzati dal primo dei quattro ori olimpici (un altro record, nemmeno a dirlo). Il 25 febbraio del 2002 anche i freddi calcoli del ranking dovettero arrendersi: Venus diventò la prima afroamericana della storia a conquistare la prima posizione della classifica mondiale. “Fino a quando non camminerai con queste scarpe, sarà impossibile capire le sfide che dobbiamo affrontare in questo paese, in questo mondo – le parole in un suo post di qualche giorno fa su Instagram a proposito delle rivolte per la morte di Floyd ma, in un certo senso, anche autobiografiche – Com’è non essere ascoltati, etichettati come sciocchi“. La Williams ha da sempre sfruttato l’importanza della sua immagine per farsi portavoce di importanti battaglie sociali, tra le quali l’uguaglianza dei prize money – ottenendola – negli Slam tra uomini e donne, raccogliendo il testimone di Billie Jean King e proseguendo con successo la sua lunga lotta per la parità dei sessi.

Una sorella per amica e ‘rivale’

Sottolineata l’importanza sociale di Venus, entrare nel dettaglio della carriera sportiva risulta impossibile senza legare la storia a doppio filo con la sorella Serena. Un anno di differenza, una vita condivisa dentro e fuori dal campo e per la minore delle Williams non poteva esserci un esempio migliore da seguire. “Ricordo quando alle elementari mi prendevano in giro, non facevo in tempo ad aprir bocca per difendermi che lei era già lì. Non ho mai dovuto preoccuparmi perché è sempre stata pronta a proteggermi“. Per trenta volte hanno dovuto affrontarsi sui palcoscenici più importanti del Tour: nove di queste in una finale Slam e solamente per due volte ad aver la meglio è stata Venus. I match in casa Williams non sono quasi mai diventati dei blockbuster, francamente sarebbe stato strano il contrario, ma l’attenzione mediatica sollevata da un capitolo della saga Venus vs Serena è rimasta intaccata nel tempo. Ne è un esempio la finale dell’atto conclusivo degli Australian Open del 2017, l’ultimo Major vinto dalla sorella minore con la piccola Alexis già in pancia da qualche settimana e che ha fatto pensare anche a zia Venus di metter su famiglia. “Continuiamo a copiarci a vicenda, ciò che fa lei lo faccio pure io e viceversa“, ha più volte sottolineato la tennista classe 1980 che, per il momento, sembra aver rimandato il progetto. Meglio copiarsi e “sfidarsi” a suon di bozzetti di abiti per le due linee di moda EleVen e S by Serena, perché Venus non ha ancora intenzione di appendere la racchetta al chiodo. Anzi, recentemente ha rilanciato con la volontà di incidere il proprio nome nell’albo d’oro di Melbourne e Parigi per chiudere il cerchio del Career Slam. Impossibile? Forse, ma sottovalutare la forza d’animo della ‘Venere Nera’ non è mai una buona idea.

La malattia e la risalita

La storia di Venus sembrava ai titoli di coda già nel 2011 quando le fu diagnostica la sindrome di Sjögren, una malattia infiammatoria cronica autoimmune che comporta secchezza di ghiandole esocrine, come quelle lacrimali e salivari. Un calvario, quello della Williams, iniziato addirittura nel 2004 ma difficilmente individuabile alla luce di sintomi poco chiari. “Non importava quanto lavorassi, ero sempre stanca e con respiro corto”. Una situazione che peggiorò col tempo sino alla diagnosi che la costrinse alla dolorosa rinuncia degli Us Open nel 2011 e alla decisione di prendersi del tempo lontano dai campi, che lo costò l’uscita dalla top-100 per la prima volta dal 1996. Venus si ripresentò sul circuito a inizio 2012 e, mattone dopo mattone, riuscì a costruirsi una seconda carriera culminata nel 2017 con il già citato “Sisters act” in finale degli Australian Open e la storica qualificazione per le Wta Finals dopo otto anni, dove sfiorò persino il titolo arrendendosi solamente in finale alla Wozniacki. “Ho intenzione di colpire la palla ancora per un po’”, ha confermato l’infinita Venus rispondendo in uno dei suo A&Q su Instagram durante la quarantena. Più forte che mai, con il suo iconico “grunting” e con gli abiti da lei stessa ideati: la Venere Nera non passerà mai di moda.