I sedicesimi di finale del Masters 1000 di Parigi Bercy hanno infiammato il torneo, ma non per questioni tennistiche
A pochi giorni dal suo inizio, il Masters 1000 di Parigi Bercy si sta infiammando come non mai. La novità però è che il motivo di tale fermento non si deve a imprese tennistiche. O meglio, il tennis qui gioca un ruolo di secondo piano. Ma iniziamo dal principio…
L’eliminazione dal torneo di Daniil Medvedev da parte di un Grigor Dimitrov in un momento di grazia ha portato con sé non pochi strascichi.
Le polemiche erano già cominciate in campo, quando il russo si era rifiutato di continuare a giocare se il pubblico non avesse smesso di indirizzargli dei buu, il che gli aveva procurato un warning dovuto a time violation dal giudice di sedia Lichtenstein.
Precisamente, sul punteggio di 5 pari, Medvedev aveva ricevuto fischi per aver scagliato la racchetta prima di posizionarsi al servizio. Si era poi rivolto al pubblico chiedendo silenzio e aveva camminato fino alla propria postazione rifiutandosi di giocare fino a che la situazione non si fosse placata. Da lì il warning.
Dopo un’intensa battaglia di tre set e aver annullato 6 match point, Medvedev è uscito dal campo sconfitto per 6-3 6-7 (4) 7-6 (2), e avvicinandosi al tunnel, tra i fischi del pubblico, ecco mostrare il gesto del dito medio, che in conferenza stampa Daniil negherà, con giusto una punta di sarcasmo:
“Mi sono solo controllato le unghie, così, niente di più. Perché avrei dovuto fare una cosa del genere a questo bellissimo pubblico di Parigi Bercy? Ho lanciato la racchetta, vengo fischiato, è normale. Non vedo alcun problema. Vado a servire e loro applaudono o qualcosa del genere, ma io voglio servire e quindi non dovrebbero applaudire. Servo comunque e l’arbitro stava parlando, quindi Grigor non era pronto. Succede, ma vengo fischiato, non ho capito perché, quindi non ho voluto giocare e questa è la fine della storia”.
Nella notte poi, un altro tipo di polemica è stata generata dal match tra Jannik Sinner e Mackenzie McDonald, finito alle 2 e 37 di mattina su un centrale di Bercy mezzo vuoto, ma presidiato da un gruppetto di buzzurri nottambuli il cui unico interesse era lanciare insopportabili grida al momento del servizio.
La faticosa vittoria di Jannik in tre set lo ha trasportato agli ottavi di finale con De Minaur, in programma oggi alle 17. Ma ancora non è certo se l’italiano sia in grado di scendere in campo: “Vedremo come mi alzerò domani”, aveva dichiarato alla fine del match.
Intanto, sulla vicenda, Jan ha ricevuto la solidarietà dei colleghi. Casper Ruud ha sottolineato sarcasticamente su Twitter: “Complimenti Atp Tour, bel modo di aiutare uno dei migliori giocatori al mondo a recuperare ed essere il più pronto possibile quando ha terminato la partita precedente alle 2.37 di questa notte. Solo 14 ore per recuperare… che barzelletta”.
Il programma studiato dall’organizzazione di Bercy è stato sbagliatissimo, poiché era facile prevedere uno slittamento degli orari. Il problema ormai è diffuso, le programmazioni da after hours abbondano, le sessioni notturne (ormai dilagate anche negli Slam) si inoltrano nella mattina seguente.
L’anno scorso ad Acapulco Zverev e Brooksby hanno battuto il record ‘mattiniero’ stabilito da Hewitt e Baghdatis del 2008 a Melbourne, quando i due uscirono dal campo alle 4,45 di mattina: in Messico il match è finito alle 4.54.
La domanda è: a chi giova mettere in scena, spesso in giorni feriali, incontri magari di cartello ad un’ora così tarda? A rimetterci sono tutti, eppure anche agli Us Open se ne è parlato, e anche la Coppa Davis ha dovuto affrontare problemi simili: nel 2019 il doppio fra Italia e Usa terminò poco dopo le 4 del mattino. In Australia, poi, lo scorso gennaio, Murray e Kokkinakis hanno staccato più o meno alla stessa ora “E’ una farsa, a chi serve giocare a quest’ora?”, tuonò sir Andy. Ma nessuno lo ha ascoltato.
Urge una presa di posizione dei vertici Atp e Wta, condivisa e autoritaria.