L’Adria Tour ha rappresentato un danno d’immagine per Djokovic, ma non deve diventarlo per uno sport innocente che ora viene messo in sotto processo. Il circuito ripartirà con misure di sicurezza che non devono trascurare quanto successo a Belgrado e Zara per evitare problemi in futuro

L’Adria Tour scredita un movimento innocente

Sport più sicuro, un solo contagiato tra i grandi nomi del circuito: il tennis aveva passato indenne – almeno nel vecchio continente – i mesi più critici della pandemia. L’Adria Tour, con il ritorno in campo di Djokovic, Thiem e Zverev, si proponeva come grande spot per la disciplina, prima di evolversi nell’esatto opposto ed intaccarne l’immagine. La ripartenza del circuiti professionistici, programmata per agosto, era sul punto di essere digerita anche dai più scettici; ma la rapida sequenza di positività al Covid-19 tra i tennisti impegnati nei Balcani, rischia di riaprire la discussione.

I fatti dell’Adria Tour non sono però una prova rilevante. Non cambiano le carte in tavola, non devono screditare una decisione presa consapevolmente . A Belgrado e Zara non è stato il fallimento di un protocollo a far sì che Djokovic, Dimitrov, Coric e Troicki risultassero positivi. Per la tournée nei Balcani, il numero uno del mondo ha voluto fare le cose in grande, troppo, sfruttando la fretta legislativa di nazioni che sono state “graziate” dal virus. La macchina organizzativa del tour non ha infranto nessuna legge, è vero, ma è andata contro ogni regola di buon senso illudendosi di una normalità ancora lontana. La colpa non può ricadere tutta su Djokovic – pochi giorni prima del suo ritorno in campo si era giocato regolarmente il derby tra Partizan e Stella Rossa – ma è difficile non rimanere perplessi quando il numero uno della disciplina globale per eccellenza fatica a buttare l’occhio oltre l’orto di casa. Non sono esenti da colpe nemmeno gli altri partecipanti, tanto che Zverev e Dimitrov hanno chiesto scusa ‘per aver partecipato’ .

L’Adria Tour, più che un pericolo per il circuito, è stato uno sputo in faccia agli altri tornei di esibizione. In tutte le rassegne, dal mastodontico Ultimate Tennis Showdown a quelle più piccole, passando per i nostri Campionati Italiani Assoluti (non propriamente un’esibizione) sono stati adottati protocolli volti a garantire la sicurezza di giocatori, addetti ai lavori ed eventuale pubblico sugli spalti. I tennisti sono tornati in campo da un paio di mesi e gli unici contagi riscontrati sono quelli serbi-croati, evidentemente non è un caso. Con le dovute attenzioni anche calcio e basket sono riusciti a ripartire senza incappare al momento in grossi errori. Il tennis deve tenere da conto fattori diversi, in primis la sua dimensione globale e la ripartenza dagli States dove la situazione è tutt’altro che serena. Allo stesso tempo però il nostro sport, come nessun altro, potrà risolvere eventuali casi con un giro di tamponi ed un regime di quarantene individuali. L’impegno della USTA per mettere in sicurezza gli Us Open fa sperare e nei palazzi della federazione si staranno quasi mangiando le mani per aver fatto un passo indietro sul numero di accompagnatori consentiti.

Un grave danno mediatico per il Djoker

I danni dell’Adria Tour si ripercuoteranno probabilmente su Novak Djokovic, speriamo meno sul tennis. Il campione serbo dopo essersi barcamenato tra nobili donazioni e dichiarazioni al limite dell’irrazionale, ha chiuso il cerchio nel peggior modo possibile. Il virus in sé non dovrebbe rappresentare un problema per Nole e i colleghi positivi, in prevalenza asintomatici (ma che possono aver contagiato anche persone più a rischio, non dimentichiamolo). Preoccupa il danno d’immagine, una macchia indelebile e irreparabile sul breve termine. Ad ogni modo, nonostante la gravità dei fatti, è difficile immaginare Nole segnato a vita dall’errore; quando la parola tornerà al campo il numero uno del mondo avrà la chance per lasciarsi, almeno a livello mediatico, l’episodio alle spalle. Al momento non può essere contento papà Srdjan, promotore principale della caccia a Federer e Nadal nell’ambito delle pubbliche relazioni.

Le scuse sono arrivate con uno scialbo comunicato, la poca convinzione nell’ammissione di colpa fa storcere il naso, ma almeno in questo Nole è stato coerente. Il serbo ha fatto il minimo sindacale dopo l’accaduto, di certo non poteva sprezzare felicità per aver preso il virus; ma se le cose fossero andate diversamente non viene difficile immaginarlo a puntare il dito contro ATP e USTA. Più che la goccia, l’Adria Tour è un temporale che fa crollare l’ego del serbo: protagonista assoluto con la racchetta in mano che arranca quando deve essere leader fuori dal campo. Nole sembra scegliere le priorità in base al momento e da presidente del Players Council, dopo mesi di dichiarazioni, si è assentato nella riunione più importante per il futuro del calendario 2020, scatenando così l’ira dei colleghi che pubblicamente e privatamente lo hanno fortemente criticato. L’Adria Tour deve rappresentare per tutti una lezione. Auguriamoci che al più presto sia possibile tornare a dare parola esclusivamente ai fatti del campo.