Nel giorno in cui l’All England Lawn Tennis and Croquet Club avrebbe aperto i cancelli al pubblico per l’edizione 2020 dei Championships, il nostro biblista Ludwig Monti, rivive con noi attraverso un memorabile cortometraggio la dolorosa sconfitta di Roger in finale contro Djokovic
“Doloroso da vedere, ma come sempre hai creato un capolavoro”. In questa anonima frase a commento del video (sì, ogni tanto, ma tanto, vale la pena leggere i commenti sul web…), rivolta all’anonimo suo creatore, c’è quasi tutto. Potrei dirvi solo: “Prendetevi mezz’ora e guardatelo, non ve ne pentirete”.
Ma ho detto “quasi”. E poi in corrispondenza delle due settimane del Wimbledon mancato, concedetemi di tornare sulla sconfitta del Re in finale il 14 luglio 2019 contro Nole, con scialo di due match point al quinto. Lo so, state mormorando: “Ma il tennis è ancora quasi fermo”, e chissà come ritornerà nell’imbuto vorticoso da agosto in poi, senza un giorno di pausa. “E poi Roger giocherà solo l’anno prossimo”. Ragione in più per mettere in parole la crescente nostalgia. “Faresti bene a tacere. Goditi l’estate e ricorda le tue rosee previsioni di gennaio 2020”. Lo so, faccio ammenda, ma…
Dunque, torno a riaprire una ferita. Ricordare una sconfitta? Sì, ce ne sono di epiche. Mettiamoci per una volta nei panni di Achille. È il guerriero mitologico per eccellenza, eppure si ricorda il suo tallone, causa della ferita mortale. E i vangeli non sono forse la storia di un uomo meraviglioso finito in croce? Sì, anche la dolorosa finale di Church Road 2019 si colloca all’altezza dell’eterno. Sia detto senza blasfemia.
Sua Fluidità a un nulla dalla gloria definitiva, dalla chiusura di un cerchio perfetto, dal 21° Slam. Per di più battendo Nole in una finale Slam, come non gli accade da una vita. E invece no. Solo in Paradiso, o nell’Olimpo, si perde così. Triste ma indimenticabile. Il regista di questo piccolo film indulge a tutto il sentimentalismo possibile per farcelo capire. Senza peraltro farsi mancare nulla in termini di abilità tecnica, da vero asso del montaggio: immagini di grande qualità dei Championships e di numerosi altri match del Re edizione ’18-’19; musica che imprime nelle nostre menti alcuni refrain: “You are my enemy” (no al buonismo, Roger non ama Nole e viceversa), “I can find a way”.
Non voglio farvi un riassunto del cortometraggio, ma qualcosa dovrò pur dire per invogliarvi. “Due punti per vincere il torneo”, dice all’inizio il telecronista. E la telecamera stacca su una bionda signora che, infervorata, si alza in piedi e grida: “One more!”. Roger sta servendo, gliene basta uno dei due per vincere. Il Direttore, presente quel giorno sul Centre Court, mi ha confidato di aver visto e tentato di zittire la signora, nel tripudio generale, quasi in preda a un nefasto presentimento. Non dimenticherò mai il volto della bionda, l’ho anche sognato…
Scena successiva: video scuro per qualche istante, nastro riavvolto. Dalla sconfitta con Anderson ai quarti di Wimbledon ’18 sul campo 1 (perché?), fino alla stagione sul rosso ’19 e alla vittoria ad Halle ’19. Qualche trionfo (tra cui i tornei dal 100 al 102), diverse sconfitte. E torniamo a Wimbledon ’19. Rapide pennellate per schizzare il suo percorso abbastanza agevole (io c’ero al secondo turno… sul campo 1!), fino alla semi contro Rafa. Battaglia tra due eroi spelacchiati, come due superstiti sulla piana di Maratona. Rieccoci a noi. Roger seduto nel cambio campo dopo aver sprecato i due tesori. Sguardo immerso nell’infinito, pensieri inattingibili. Poi tutto precipita. Allo scoccare delle quattro ore lo spreco fatale. Gli ci vuole un’altra ora scarsa di lotta per consegnare le armi. Sperperando anche un break point. Nel frattempo scorrono immagini di altre sconfitte dolorose contro il serbo. Le due semi dello US Open ’10 e ’11 (con due match point falliti!). Il Re che in conferenza stampa dice: “Almeno non era una finale”. Quando si parla di doti profetiche…
Gli ultimi tre minuti e mezzo sono da brividi. Piango per l’ennesima volta. Lo sguardo perso eppure composto di Roger durante la premiazione. Stavolta senza lacrime, eppure i suoi occhi e la mascella rigida sono un fiume di pensieri ed emozioni. La commozione delle due figliolette gemelle, che a solo dieci anni si rendono già conto che un’occasione così non tornerà più… Da ultimo, la canzone che accompagna questo triste declivio scosceso, dove il naufragar ci è agrodolce: “There is a reason I’m still standing”. Parole chiave: “C’è una ragione se sono ancora in piedi”. Quale? “Non ho mai saputo se sarei atterrato. E correrò veloce, durerò più a lungo di tutti quelli che hanno detto no”. Di uno che gli ha detto no, con un passante diabolico.
No, Roger non durerà sui campi più di Nole né correrà più veloce di lui. Eppure è ancora e per sempre l’Immenso, imperituro anche nel perdere. Ho cercato tante interpretazioni di questa sconfitta. Vano. A distanza di un anno ancora non ho la forza di pensieri acuti al riguardo. Forse è solo una partita di tennis. Ma no… Forse la lezione è che sulla terra, e sull’erba, non si compie in pienezza (e dico in pienezza) davvero nulla. Per un attimo mi sovviene san Paolo: “Quando sono debole, è allora che sono forte”. Mi torna spesso in mente, anche se non l’ho mai davvero capito. Lo so, non vi basta, come non basta a me. Figuriamoci a Roger. Ma provate voi a darvi una spiegazione. Guardate questo piccolo capolavoro. Poi, magari, mi direte.