Gianni Clerici compie 90 anni e ci regala un nuovo libro. Una distopia a lieto fine per orientarsi in un mondo assalito dalla pandemia e dalla paura di non riuscire più ad amare. A salvarci, alla fine, saranno l’ironia, l’arte, la saggezza degli animali. E le donne, naturalmente

“Mi sono distratto un attimo, ed è capitato…”. Gianni Clerici compie 90 anni – il 24 di luglio – e li festeggia nel migliore dei modi: la consueta ironia, e un nuovo libro. Si intitola 2084 la Dittatura delle donne, e lo edita Baldini+Castoldi.

Per festeggiare Gianni abbiamo pensato di offrire a tutti i lettori de Il Tennis Italiano, la rivista su cui Clerici ha iniziato la sua carriera giornalistica nel 1948, due brani del libro uscito da qualche giorno in libreria (li trovate sul numero in edicola). Se non siete sicuri di aver letto gli altri lavori dello Scriba, invece, vi rimandiamo (come usa fare una rivista antica quasi quanto la nostra), a pagina 116, dove il bibliotennista Massimo Grilli vi rinfrescherà la memoria, rinnovando la voglia di colmare le lacune.

Il nuovo volume invece ci trasporta avanti di qualche decennio, su una Terra devastata da un disastro ambientale e da una nuova guerra mondiale (chissà se anche da una pandemia…), e regredita ad una sorta di «medioevo bucolico», come recita il risvolto di copertina, nel quale a dominare sono le donne, aiutate da robot e supercomputer che stanno per soppiantare i poveri uomini, anzi: i ‘Vir’, screditati da un passato maldestramente patriarcale e ridotti ad un ruolo ancillare. Privi, fra l’altro, di una funzione riproduttiva, visto che nel Nuovo Mondo clericiano i rapporti sessuali sono severamente vietati e la specie viene tramandata con procedure rigidamente controllate.

Le suggestioni orwelliane, e il rovesciamento del capolavoro di Margaret Atwood, il racconto dell’Ancella, sono evidenti. Ma come al solito Gianni gioca con i generi (non solo letterari) e i codici, mischia storia dell’arte e racconto filosofico. Convoca il genio di Leonardo da Vinci, come gli era capitato di fare in passato, reincarnandolo in un pittore del terzo millennio; e la saggezza degli animali, che gli è molto cara anche nel suo coté poetico. Si diverte poi a ribattezzare i due eroi del libro Evonne e Vijai, strizzando l’occhio alla storia del tennis e aprendo, semplicemente con due nomi, un altro livello di lettura. A ribaltare un futuro cupo e automatizzato, governato dal Cerebrorobot e dal Ranking Esistenziale, ci penseranno alla fine molte donne, un uomo, la gattina Gipsy e la bambina prodigio Irma, ma il divertimento di scoprire la trama e gli altri riferimenti lo lasciamo a voi.

«Disincantato, ironico, apparentemente cinico, Gianni Clerici è un narratore feroce perché elegante». Lo ha scritto anni fa Oreste del Buono, ed è inutile rovinare una definizione perfetta, che si adatta benissimo a quello che il Times una volta ha definito «a new Evelyn Waugh». «Io non seguo molto la fantascienza», dice Gianni. «Ma mi è piaciuto moltissimo l’Orwell di 2084. Avevo in mente di scrivere un libro su una dittatura democratica delle donne, salite al potere con una votazione mondiale in cui erano la maggioranza. Avevo iniziato a scriverlo sei anni fa, molto prima della pandemia, e giustamente mi è stato suggerito che la data – 2084 – avrebbe potuto incuriosire il lettore e incoraggiare le vendite. Del resto ho sempre amato le donne, anzi una volta mia moglie mi ha detto che ‘le ho amate tutte’. Perché Vijai ed Evonne? Vijai, significa vittoria. Ed Evonne mi piaceva…». I riferimenti ad Amritraji e Goolagong non sono puramente casuali, ovviamente, ma c’è altro tennis, in questo libro che parla di noi, qui e adesso, fingendo di parlare d’altro. Grazie Gianni, per questo nuovo libro e per i tuoi primi novant’anni.