Emilio e Sebastian centrano il main draw partendo dalle qualificazioni: Andres e Petr a Parigi avevano scritto importanti pagine di storia

Emilio Gomez, primo main draw Slam 30 anni dopo il trionfo del padre

Un’eredità pesante sulle spalle, la consapevolezza di non poter emulare quanto fatto da chi lo ha preceduto ma tanta voglia di lottare. E’ questo il ritratto di Emilio Gomez, figlio del più noto Andres, eroe dell’Ecuador che nel 1990 sollevò al cielo la Coppa dei Moschettieri, approdato a 28 anni per la prima in un main draw dello Slam e proprio a Parigi. “Da bambino non conoscevo molto la sua storia – racconta – lo intervistavano e mi chiedevo il perché”. Crescendo, però, Emilio ha imparato a convivere con la figura di un padre giustamente idolatrato in patria, ma mai ingombrante. “Ho iniziato a giocare grazie a lui, ha saputo darmi i consigli giusti al momento giusto lasciandomi vivere al meglio la mia carriera. Ricordo quando venivo le prime volte a Parigi da junior, gareggiare sugli stessi campi dove lui aveva vinto è speciale“. E per l’attuale numero 154 al mondo, a pochi gradini dal best ranking di 143, è arrivato il giusto e meritato premio per un percorso di sacrifici e duro lavoro. Nel 2017 Emilio fu costretto a ripartire fuori dalla top-600 per un infortunio alla spalla rimediato in Coppa Davis, la tentazione di un ritiro magari consolandosi con un ruolo all’interno dell’Accademia del padre. Poi la scintilla che scatta con due Itf back to back vinti in patria nell’estate dell’anno successivo, trampolino di lancio verso un 2019 costellato dalla vittoria nel Challenger di Tallahassee e dalla finale a Monterrey. Mancava, però, la gratificazione ai massimi livelli di questo sport. Sul circuito maggiore, fatta eccezione per la Davis, Gomez ha vinto una sola partita in un main draw (su quattro partecipazioni) addirittura datata 2013. Non era andata meglio con i 7 precedenti tentativi nelle qualificazioni degli Slam: solamente nel 2014 annusò l’area del tabellone principale, spingendosi sino al terzo e ultimo turno cadetto agli Us Open. Il lieto fine è arrivato a Parigi col tie-break del terzo dominato per 7-1 su Popko dopo il successo in tre set su Horansky ma soprattutto la vittoria su Seyboth Wild, testa di serie numero 1, all’esordio. Non può valere come il trionfo di papà di trent’anni fa ma, a modo suo, ha il sapore di una grande conquista.

Il primo Roland Garros di Sebastian Korda, figlio e allievo di Petr

Se i figli d’arte Casper Ruud, Stefano Tsitsipas, Alexander Zverev, e Taylor Fritz sono ormai delle realtà consolidate del circuito maggiore, al club spera di aggiungersi con costanza anche Sebastian Korda. Papà Petr non ha bisogno di presentazioni: ex numero 2 Atp, campione degli Australian Open e finalista nel 2002 al Roland Garros, dove il classe 2000 ha appena ottenuto il suo primo main draw parigino a stretto giro di posta dopo l’esordio in un tabellone principale Slam agli Us Open. Allenato a tempo pieno da Petr, l’amore di Sebastian per il tennis è sbocciato proprio a Flushing Meadows, accompagnando il padre nell’edizione del 2009. Pur lasciando a malincuore l’hockey, sport in cui è grande supporter dei Boston Bruins, Korda jr ha bruciato le tappe nonostante abbia iniziato relativamente tardi l’attività internazionale con il primo Itf giocato all’età di 15 anni. Quasi due metri di altezza, un tennis brillante e un rovescio bimane capace di lasciar fermo chiunque, un’ascesa a livello junior culminata con il titolo agli Australian Open del 2018 vent’anni dopo il sigillo di Petr tra i ‘grandi’. Nelle qualificazioni di Parigi ha già dimostrato consapevolezza nei propri mezzi con tre vittorie in due set, l’ultima delle quali tutt’altro che banale contro Karatsev, reduce da due titoli e una finale Challenger alla ripresa del circuito dopo il lockdown. Per Sebastian, che afferma di trovarsi a proprio agio più sul rosso che sul duro, la possibilità di vivere lo stesso torneo dell’idolo Rafael Nadal, il secondo eroe d’infanzia dopo papà Petr.