A sopperire alla delusione degli uomini nelle qualificazioni degli Australian Open ci hanno pensato Cocciaretto ed Errani, con due risultati dal sapore diverso. Per la giovane è l’inizio, per Sara la ripartenza. La tensione la rallenta, ma la affronta con carattere. Segno che a 34 anni ha ancora voglia di tornare grande
14 anni di differenza ma stesse ambizioni
Una ha 19 anni ed è fra le sole quattro under 20 ad aver conquistato – via Dubai – un posto all’Australian Open. L’altra, invece, di anni ne farà 34 ad aprile ed è la più anziana fra tutte le sedici qualificate per il primo Slam dell’anno. Insieme, sono Elisabetta Cocciaretto e Sara Errani: la nuova speranza del nostro tennis in gonnella e l’ultima sopravvissuta della vecchia guardia. Così diverse, nei 14 anni di differenza e nell’idea di tennis, ma così uguali nella statura, nelle ambizioni (per una già soddisfatte, per l’altra ancora da esplorare) e nell’inizio di 2021, a braccetto e col sorriso. Per fortuna nelle qualificazioni ci hanno messo una pezza loro, salvando una campagna che per i maschi (a Doha) è stata invece la peggiore degli ultimi venti Slam. Menomale che gli azzurri nel main draw sono già nove e ben attrezzati, quindi la caporetto delle qualificazioni fa poco male. Meglio guardare ai due nomi in più nel torneo femminile, frutto di due qualificazioni dal sapore completamente diverso.
Per la Cocciaretto il ritorno down under sa di conferma: sta crescendo molto e bene, ha vinto tre partite in due set e ha ribadito il risultato di dodici mesi fa, quando la sua prima partita in uno Slam la giocò contro l’ex campionessa Angelique Kerber sulla Rod Laver Arena, non esattamente il campetto del quartiere. Per “Sarita”, invece, il posto ritrovato fra le 128 di Melbourne Park ha un velato sapore di ripartenza, conquistata in pieno stile Errani, con tre vittorie in tre set e quasi sei ore di grinta, fatica, sudore. Sara non gioca uno Slam che non sia il Roland Garros da quattro anni, e tornerà a farlo in quell’Australian Open dove nel 2012 si capirono per la prima volta le sue vere potenzialità. Raggiunse i quarti, seguiti dalla finale a Parigi e dalla semifinale a New York, e di lì a poco era numero 5 del mondo. Sembrano passati cent’anni, invece sono otto scarsi e la romagnola ha ancora fame. Magari – o probabilmente – non tornerà fra le top-10, ma può ancora recuperare almeno un buon ranking a due cifre, che renda onore al suo passato.
Servizio dal basso? Segno di carattere
Quando ha superato il primo turno delle qualificazioni, gli account social dell’Australian Open l’hanno etichettata come “ex numero uno del mondo in doppio”. Tutto vero, sia chiaro. Anche perché a Melbourne in doppio Sara ha giocato tre finali di fila, vincendone due con la ex amica del cuore Roberta Vinci. Ma l’azzurra vuole ancora essere una singolarista, in barba a tutte le difficoltà che ha attraversato e sta attraversando. Come la tristemente famosa vicenda dei tortellini, o quelle tensioni nervose che tutt’ora non le permettono di giocare liberamente. Ne ha parlato col sito del torneo, aprendosi per la prima volta sull’argomento. “Ho un’enorme voglia di vincere e di scalare la classifica – ha spiegato Sara –, e anche a causa di questo non riesco a giocare libera e a esprimere il mio miglior tennis. Ho bisogno di migliorare e di vincere partite: più vinco, più mi rilasso. E di conseguenza gioco meglio”. Se è vero che il primo passo per risolvere un problema sia ammetterne l’esistenza, vuol dire che è sulla buona strada.
È facile immaginare che anche i noti problemi al servizio peggiorati da un paio d’anni siano figli di un meccanismo mentale che si è inceppato. Ma Sara non ne ha fatto un dramma, e quando ne ha bisogno serve dal basso. L’ha fatto anche a Dubai, sugli stessi campi dove nel 2016 ha vinto il più prestigioso dei suoi nove titoli Wta. Facile deriderla o darle dell’inadatta, più difficile aprire la mente e accorgersi che in fondo non c’è testimonianza migliore della sua voglia di essere ancora protagonista. Invece che piangersi addosso continua a lottare con quello che ha, come ha sempre fatto. Anche se a volte le tocca servire da sotto. Farlo col suo palmarés, il suo conto in banca e il privilegio (guadagnato) di non dover dimostrare più nulla a nessuno, significa avere carattere. Tanto carattere. Lo stesso che le ha permesso di riprovarci dopo la sospensione, e di salire dal numero 366 di metà 2019 al numero 131 di oggi, che non sarà l’ideale ma intanto le permette di giocarsela di nuovo per un posto nei tornei che contano. Il primo dell’anno se l’è guadagnato, il resto è da vedere. Ma il tennis italiano ha ancora bisogno di lei.
La crescita costante di Elisabetta
Dove – per ragioni anagrafiche – difficilmente rivedremo la Errani (ma mai dire mai…), punta ad arrivare la Cocciaretto, sua giovane compagna di viaggio sul charter di Craig Tiley che quest’anno non vale solo un posto per l’Happy Slam, ma l’intera trasferta in Australia. Mica poco, visto che significa poter giocare 2/3 tornei WTA fra pre e post Slam, nei quali poter raccogliere punti e possibilità. A Dubai la 19enne marchigiana è stata fra le più convincenti di tutte: ha vinto tre partite in due set, dominando la prima e la terza, e ha confermato il trend che dalla ripresa del Tour nell’agosto scorso l’ha vista giocare sempre ad alti livelli. Aveva vinto tantissimo ed è ripartita con la stessa marcia, al motto di “vula bass e schiva i sass” ripetuto da coach Fausto Scolari. Un detto un po’ milanese e un po’ emiliano, evidentemente giunto fino alla Valtellina da dove Scolari è partito in direzione Tirrenia, per diventare uno dei più apprezzati tecnici Fit.
È affidata alle sue mani, da anni, la crescita dell’unica giovane azzurra già capace di mettere il naso nel tennis che conta, con i testi di diritto in valigia (lo scorso anno si è iscritta alla facoltà di Giurisprudenza) ma ottime chance di stare alla larga da quel mondo almeno per i prossimi 15 anni. Perché il tennis c’è, la mentalità pure, e anche se i risultati sono già interessanti il suo percorso è veramente soltanto all’inizio. L’ha detto lei: nel 2019 è cresciuta facendo le prime esperienza nei tornei Itf, nel 2020 ha dato segnali importanti ma si è giocato troppo poco per avere un quadro chiaro della situazione, mentre il 2021 sarà il suo primo vero anno in mezzo alle professioniste. Iniziarlo con uno Slam, da numero 132 del mondo, è un gran bel punto di partenza. E a occhio a croce le armi sono già affilate a dovere per pensare di fare strada nel tabellone. Meglio ancora se insieme a Sara o a una delle altre tre azzurre compagne di viaggio.