Spunti interessanti e momenti di grande tennis: questo ci hanno offerto, al di là del tifo e del passaporto, due dei più promettenti giovani del circuito come Jannik e Denis. Grazie a loro possiamo sperare in un futuro fatto di stili diversi, gioco a tutto campo e spettacolo

Il dopo Federer è assicurato

Quando in campo scendono stili diversi, non è azzardato nutrire aspettative circa la qualità del gioco. E la campagna appena iniziata in terra d’Australia racconta di un bel confronto andato in onda sul Margaret Court di Melbourne tra il tennis pragmatico di Jannik Sinner e quello sciué sciué di Denis Shapovalov. Ha vinto quest’ultimo, ma fosse accaduto il contrario, non avrebbe smosso una virgola circa l’impatto estetico arrivato al grande pubblico.

I cinque set, spalmati lungo quasi quattro ore di gioco, rendono merito solo in parte alla qualità di un match che è andato incontro allo spettacolo con spunti molto interessanti e a tratti di gran tennis. Oltre alla forza fisica e mentale della bella gioventù, i due eroi dei giorni nostri mostrano che la Next Gen è anche foriera di rinnovati modelli di gioco che, al netto di Federer, ci traghettano, viva Dio, fuori dalle acque minacciose del randellamento nudo e crudo troppo in voga negli ultimi vent’anni. Insomma, finalmente si intravede un gioco a tutto campo degno di uno sport di manovra come il tennis.

Dico questo perché il mondo racchettaro è alla disperata ricerca di campioni disuguali come le nuvole, e da tempo insegue il miraggio di un domani tennistico non troppo uguale a se stesso, come possono essere i cheeseburger di Sydney e quelli di New York.

Decisivo il servizio di Shapo

Tra i due protagonisti passano due anni di età e venti posti in classifica mondiale ma a fare da guastafeste c’è soprattutto di mezzo il servizio mancino di Shapovalov, più risoluto rispetto a quello di Sinner soprattutto sulle angolazioni esterne da ambo i lati. A favore del canadese, inoltre, pende un ottimo gioco di rete con il quale si ritaglia soluzioni che non sono ancora nelle corde dell’italiano.

A cercare il pelo nell’uovo, voglio dire, a titolo puramente informativo, che rispetto ai destrorsi, i mancini mal sopportano gabbie rigide alla spiccata istintività, per cui mi auguro che tecnicamente sia concesso al ragazzo del Quebec di andare dove lo porta il cuore risparmiandogli costrizioni gestuali che sarebbero per lui come la grandine per gli orti. Poi, senza urtare la suscettibilità del buon Piatti che sicuramente starà già provvedendo in merito, da Sinner ci si aspetta che gratifichi la grande spinta dei due fondamentali con maggiori incursioni a rete coronando la forza propulsiva da dietro.

Chiudo con una nota di colore lontana dal gossip. Per dire che Shapo e Jannik sono diversi anche nel modo di usare le pause. Il primo lo fa muovendosi con la frenesia dinoccolata del frontman di un gruppo rock, mentre il secondo gestisce i preziosi secondi come un serafico liceale d’altri tempi. Questioni che attengono strettamente al profondo dell’animo e che richiederebbero lo spazio di un’enciclopedia. Soprassediamo, dunque, richiamando ancora al valore di quella diversità che non annoia mai, rende il tennis variopinto e fa tanto bene all’occhio.