‘Hubi’ è vegano, e quando colpisce la palla chiude gli occhi, ma il campo lo centra benissimo. Viene da una famiglia di sportivi e come Jannik non ha timori reverenziali. Lo ha dimostrato anche a Miami eliminando Tsitsipas. Per il suo coach Boynton, ex di Courier, assomiglia a Murray. Di sicuro, anche se Sinner lo considera il suo miglior amico e ci ha giocato in doppio già due volte quest’anno, i due in campo non si concederanno nulla
Due tennisti (quasi) allo specchio
Sono amici, si stimano, in campo e fuori si assomigliano molto per stile di gioco e carattere. Ma stasera alle 19 (diretta tv su Sky) Hubert Hurkacz e Jannik Sinner metteranno da parte sentimenti, allenamenti e tornei giocati insieme. In ballo per entrambi c’è la prima finale di un torneo Masters 1000, a Miami, e sarà battaglia vera. Le cortesie, fra Jan e Hubi, si sono fermate alla vigilia, dopo i rispettivi successi contro Bautista Agut e Rublev.
«Hurkacz è una bravissima persona, forse il miglior amico che ho sul circuito», dice Jannik Sinner. «Ci siamo allenati insieme qualche volta, mi sono anche scaldato con lui prima dei quarti qui a Miami». E Hubert, 24 anni, polacco di Breslavia, numero 37 del mondo (ma minimo n. 25 da lunedì) gli risponde a specchio: «Jannik è un bravissimo ragazzo. Uno calmo, anzi, super calmo, super rilassato, che sta ottenendo i risultati che vedete grazie a un grande lavoro». Cortesia fra amici che quest’anno anche giocato insieme in doppio, raggiungendo i quarti sia a Dubai sia nell’Atp 250 di Melbourne 1, ma che stasera saranno soprattutto rivali: per la prima volta nel Tour e con un traguardo importantissimo davanti. Jan e Hubert sono abbastanza simili anche nel gioco, buon servizio – ottimo quello di Hurkacz, che ha una seconda palla migliore di quella di Sinner -, solidissimi fondamentali (meglio il diritto del polacco e il rovescio dell’italiano) altezza da cestisti – 196 cm Hurkacz, 188 Sinner – ma grande mobilità. Il polacco è probabilmente più aggressivo, scende più spesso a rete, e può contare su cinque anni di esperienza in più sul circuito, ma il pronostico è equilibratissimo.
Da mamma Zofia a Craig Boynton
Hurkacz ha cromosomi decisamente sportivi: sua mamma Zofia Malewska-Hurkacz è stata numero 1 di Polonia under 18, e a tennis giocavano anche due suoi zii – uno, Tomasz Maliszewski, è stato anche schierato in Davis – mentre uno dei nonni è stato un discreto pallavolista. E per completare l’album di famiglia anche la sua sorella minore, Nika, che ha dieci anni meno di lui, punta a diventare una tennista professionista.
Hubert ha iniziato a giocare a 5 anni, a 18 è passato pro, viene da una famiglia benestante e di carattere è abbastanza schivo e molto gentile: come Jannik. I suoi primi maestri sono stati mamma Zofia e papà Krzysztof, poi dopo qualche allenatore polacco ( Filip Kańczuła, Alexander Charpantidis e Paweł Stadniczenko) è passato a Rene Moller, un neozelandese che insegna in Florida, quindi a Craig Boynton, l’ex coach di Jim Courier, Mardy Fish e John Isner. «La sua tenuta mentale qui a Miami è stata incredibile – dice Boynton – ed è proprio su quella che abbiamo lavorato tanto. Ora fa le scelte giuste, è resiliente e lo si è visto contro Tsitsipas. Non era partito bene, ma è stato sempre dentro al match». Sembra di sentir parlare di Sinner… Secondo Boynton, ‘Hubi’ ricorda un po’ Andy Murray: «E’ molto simile nella risposta, e un po’ anche nel rovescio. E’ più alto di Andy, che si muove in maniera fenomenale, ma anche Hubi è un ottimo atleta».
Vegano per convenienza
Altra caratteristica di Hurkacz: da tre anni è vegano. «Più perché me l’hanno consigliato che per reale desiderio», specifica. «Anche perché non amavo i legumi da piccolo. Ma mi sento bene, con più energia, quindi continuo così». Ulteriore caratteristica di Hubert: quando colpisce la palla chiude gli occhi, in palese violazione di tutte le regole del tennis. «Lo confesso, è così – ha spiegato un paio di anni fa all’Equipe. «L’ho sempre fatto e da un po’ anche gli altri se ne sono accorti».
In carriera ha vinto due tornei, a Winston Salem nel 2019 e quest’anno a Delray Beach. E’ discreto anche come doppista: da junior ha vinto quello degli Australian Open, mentre l’anno scorso ha vinto il Masters 10000 di Bercy a fianco di Auger Aliassime. Come Jannik, non ha complessi d’inferiorità verso i più forti: fra le sue vittime ci sono già Thiem, Tsitsipas, Rublev, Monfils, Shapovalov e Nishikori, e nel 2018 è riuscito a strappare un set a Djokovic a Wimbledon. Per ora in patria non è famoso come Lewandowski o la sua collega Iga Swiatek, campionessa in carica del Roland Garros, ma punta a migliorare. Anche a spese del suo amico Jannik.