Dopo gli annunci dei giorni scorsi di Rafa e Fabio, entrambi piegati da infortuni ma con ancora tanta voglia di battagliare in campo, il nostro biblista riflette sul concetto di “fine”
“Credo di non meritare di finire così. Credo di aver lavorato tanto duramente nella mia carriera sportiva che il mio addio non poteva essere in una conferenza stampa. Sto lavorando per terminare la mia carriera nel modo giusto”. Parole e musica del guerriero Rafa Nadal, qualche mese fa, prima dell’ennesima operazione, questa volta all’anca.
Ed eccolo: dopo un anno dai suoi ultimi match in Australia ha annunciato che tornerà proprio in Australia, nell’ATP 250 di Brisbane, a inizio gennaio 2024, come riscaldamento agli AO. A 37 anni e mezzo, sarà la sua ultima stagione da professionista? Riuscirà a far fronte alla nouvelle vague che nei dodici mesi trascorsi ha iniziato ad affermarsi, Nole permettendo? Domande che non possono offuscare la gioia di vederlo tornare, con la mente che risale al grande ritorno di Roger nel gennaio 2017…
Nelle stesse ore il nostro Fabio Fognini, di un anno più giovane, in un momento di ottima forma è stato costretto a ritirarsi da un torneo Challenger in Portogallo per un infortunio al polpaccio che pregiudica anche le sue prestazioni nei prossimi mesi. Ha commentato su X, in preda a un comprensibile sconforto: “Non era di certo la fine che desideravo e meritavo!!!”. Non credo che i due si siano accordati né tantomeno che abbiano dato un’occhiata al calendario liturgico. Sì, perché proprio in questi giorni i cristiani vivono il tempo dell’Avvento, quello in cui fanno memoria della fine del tempo, segnata dalla venuta nella gloria di Gesù Cristo, che potremmo definire il suo ritorno, il suo definitivo come back.
Ecco dunque il punto: come affrontare la fine, ogni fine, ogni congedo che avviene nella nostra vita, fino all’ultimo? “Che cosa farete farete quando verrà la fine?”, si chiedeva l’antico profeta Geremia. Un consiglio ce lo ha fornito proprio Gesù: “Chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato”. La grande arte della perseveranza, del tenere duro nelle ore difficili, portando sulle spalle i pesi della vita, è compagna preziosa nell’affrontare ogni fine. Senza scoraggiarci, ma accettando anche di lasciar andare, quando giunge l’ora: arte, questa, difficilissima, perché richiede una spogliazione che faccia restare solo ciò che davvero vale, come una pianta potata per dare di nuovo frutti, a suo tempo. Frutti inattesi, frutti oltre la soglia anche della fine.
E allora ci viene in aiuto, spiazzandoci come neanche una SABR del Roger crepuscolare, l’inesauribile sapienza del maestro biblico Qohelet: “Meglio la fine di una cosa del suo principio; meglio un uomo paziente che uno presuntuoso”. “È solo dall’angolo di visuale della fine che si capisce chi noi siamo”, ha scritto un grande commentatore delle Scritture. Parole da meditare, mentre speriamo che Fogna possa tornare in campo e soprattutto attendiamo con curiosità la grinta, la classe e il sudore del campionissimo maiorchino. Nelle brevi settimane di pausa dai tornei tennistici, è con questi pensieri e sentimenti di attesa che faccio a tutti i lettori di questa gloriosa rivista i miei migliori auguri di Natale. Sono un po’ in anticipo, lo so, ma alla fine il tempo corre veloce, non solo su un campo da tennis. E presto sarà tempo di ricominciare, di inizio in inizio, attraverso inizi che non hanno mai fine.