Ruud junior ha già superato Ruud senior e nel Principato ha confermato di essere uno dei giovani più interessanti, cogliendo la seconda semifinale in un Masters 1000. La sua forza è anche nel controllo mentale, e va seguito con attenzione nella stagione sul rosso
Se è vero il detto che i figli sono chiamati a superare i padri, Casper Ruud è sulla strada giusta. Rispetto alla versione senior che ha toccato il n. 39 del mondo con zero titoli all’attivo, Ruud il giovane vanta già una vittoria nel 250 di Buenos Aires e un posto in classifica che sovrasta quello del genitore di almeno quindici posizioni. Uno status che a 22 anni ne fa un soggetto in piena corsa per rientrare nel novero dei soggetti interessanti della next gen. Quelli da tenere d’occhio nel ricambio generazionale che, tutto sommato, non sembra avere grandi battute di arresto. Dunque il fresco semifinalista di Montecarlo sembra in carreggiata giusta per ereditare dal padre l’arte della racchetta e rilanciarla in una futura carriera da campione.
Un giocatore dal tennis duro e incisivo, sorretto da una mobilità di tutto rispetto che lo porta a spaziare con duttilità in senso orizzontale nei momenti di difesa e in quello verticale nelle fasi di chiusura. Un soggetto di grande compostezza mentale difficile da battere per quel suo modo di stare sempre sul pezzo senza perdere il filo del match. Un brutto cliente per tutti, insomma, capace di trovare angoli anche in situazione precaria. Un giocatore che spinge l’avversario a prendere rischi troppo elevati per aprire varchi in un’eccellente copertura del campo.
Un confronto, quello con Fognini, che poteva complicarsi sul 5-4 del primo e che invece l’uomo di Oslo ha risolto con quel coraggio degno di un eroe positivo della mitologia norrena. Uno di quelli a cui Tolkien avrebbe trovato sicuramente un ruolo di grande appeal. L’incontro appena andato in archivio è stato soprattutto un accostamento tra sprazzi di grande fattura recitati dal talento ligure e la continuità disarmante tenuta dal norvegese per un lungo lasso di tempo. Probabilmente la copia fedele degli altri due scontri diretti, uno sulla terra l’altro sul duro, risoltisi tutti a favore del giovane scandinavo.
Seconda semifinale per lui in un master 1000, dunque, dopo quella dello scorso anno a Roma dove mostrò le stesse doti battendo un Matteo Berrettini in piena grazia tennistica. Un bis che la dice lunga sulla capacità di questo ragazzo di confermare prestazioni di tutto rispetto.
E con un controllo emotivo che non fa una piega, l’uomo dei fiordi si rivela protagonista del Principato, per aver messo in fila tre pezzi da novanta come Schwartzman, Carreno Busta e il campione uscente del torneo. Ora è lì, in attesa di vedere cosa uscirà fuori dallo scontro con Rublev, un guerriero che ha vinto ultimamente una montagna di partite e scoppia di fiducia. Lui non è da meno e chissà che Sigfrido non uccida un drago anche in quel di Monaco. Dopodiché sarà interessante vederlo all’opera nella striscia terraiola che va da qui a Parigi. Nel frattempo c’è da giurare che papà Ruud si stia gongolando alla luce di cotanto figlio.