Tre ore di grande tennis, fra l’esperienza, la classe e l’orgoglio di Rafa e il tennis a tutto campo e la freschezza di Tsitsipas. Uno di quei match che sanno accendere l’entusiasmo: perché anche lo spettacolo conta. Tsitsipas ha perso, ma ha davanti un lungo futuro di successi

Rovesci a confronto

Qualcuno ci vedeva dietro una di quelle finali che hanno fatto epoca. In realtà, nel match clou di Barcellona, Nadal non aveva oltre la rete il suo grande rivale, bensì Stefanos Tsitsipas, astro nascente del tennis mondiale cresciuto comunque a pane e Federer, sul quale vanta la metà degli anni. Un pò per il tipo di gioco, un po’ per il fresco trionfo di Monte Carlo, l’eroe di Manacor ha pensato di non sottovalutarlo così come è uso fare contro lo svizzero.

E la finale di Barcellona ha visto opposti l’un l’altro un mancino tutto cappa e spada uscito da un romanzo di Calderon della Barca contro un eroe omerico che ama combattere, anche lui, a testa alta come il migliore degli achei. Il resto l’ha fatto quella diversità di stile che prometteva spettacolo già prima di entrare in campo. E tale è stato!

Entrando in campo, oltre alla diversa età, i due hanno trainato in campo una ‘sinistra’ filosofia di gioco fatta di schemi ribaltati, opposta a un’altra destrorsa costretta a fare i conti pensando spesso al contrario. Hanno dato vita a un confronto stupendo tra il gioco di continuità e pressione dello spagnolo e la ricerca spasmodica del greco di un tennis a tutto campo, ricco di soventi incursioni a rete. Uno dinanzi all’altro, si sono schierati il classico rovescio a una mano, che consente maggiori variazioni, contro quello bimane che offre potenza a profusione. A dirla tutta è scesa in campo anche la mobilità supersonica del greco contro quella feroce ma un po’ appannata dello spagnolo. La somma di tutto è stata quella che sappiamo: i due se le sono date di santa ragione e Nadal ha avuto la meglio al Real Club de Tennis di Barcellona. Solo gli atti di coraggio mostrati nel terzo set valgono il biglietto dei pochi fortunati che hanno potuto assistere in presenza. Dodici titoli, dunque, per l’iberico, che valgono il merito di un campo centrale intitolato come si deve ai grandissimi.

L’importanza dello spettacolo

Un match che ha sprizzato spettacolo a tutto spiano. Già, lo spettacolo! Qualcosa che troppo spesso viene rifilata sotto al tappeto al pari di polvere superflua! Ci accorgiamo invece che, viva Dio, è sano e vegeto per via di finali come questa che non è stata proprio una sfida tra attacco e passante, ma che ha comunque regalato al mondo tennistico tre ore abbondanti di grande tennis.

E confortano in proposito, le parole che due anni fa a Dubai il greco pensò di esprimere a favore proprio dello spettacolo: «Il tennis è arte…», esordiva con un certo piglio di fronte ai giornalisti, «… e i giocatori devono offrire spettacolo e appassionare il grande pubblico». Sembra scontata, ma è una dichiarazione che fa di questo ragazzo un grande campione e uno sportivo che buca il video ben al di là dei risultati.

Quanto al suo futuro chiediamo aiuto ancora a Roger Federer che sempre in quel di Dubai, nella stessa occasione ebbe a dire: «Non so se Stefanos fosse già nato ai tempi del mio primo trofeo a Milano», elargiva nel discorso di premiazione, «quel che so è che lo vedrò a lungo in tv»!