La risposta di Nole, il servizio di Berrettini. Se una volta si vince e un’altra si impara, Matteo questa volta ha sicuramente appreso qualcosa
C’è chi sa muoversi tra le cifre con la leggerezza di una farfalla e la fermezza di un soldato. Sono quelli che al momento giusto fanno la cosa giusta e raggiungono quello che vogliono, senza cedere troppo all’improvvisazione. Misteri della strategia, ma per saperne di più chiedete a Novak Djokovic.
Tra lui e Berrettini è andata in campo tanta voglia di vincere, ma non solo. Nell’agone sono scese soprattutto battuta e risposta, due automatismi figli del pensiero razionale che, pur muovendo le mosse ambedue da una posizione statica, si snodano per vie mentali completamente diverse. Nel primo prevale la premeditazione: il giocatore alla battuta ha l’ace in mente già prima di colpire e tenta di finalizzarlo per via di una potente reazione a catena. Il secondo invece si richiama alle informazioni visive comprese in un ristretto campo visivo, riassunte in un rapido in colpo d’occhio e in riflessi da felino.
Opposti l’uno all’altro, dunque, uno dei migliori battitori del circuito e il più grande incontrista di tutti i tempi, hanno iniziato a fissarsi negli occhi verso le otto di sera per finire intorno alla mezzanotte: da soli, tra le righe di un campo reso ancora più immenso dalla solitudine assiepata tra spalti vuoti causa covid.
E’ in questo scenario che Djokovic ha sfoggiato colpi di abbrivio assolutamente speciali controllando il resto con azioni di gioco contenute ampiamente al di sotto degli otto scambi per non logorarsi oltre misura. Lo ha fatto usando bene il servizio fino a maturare percentuali superiori a quelle di Berrettini, che di battuta se ne intende. Ma soprattutto sfoderando una ribattuta che da Agassi in quà non ha eguali nella storia di questo sport. E anche se i numeri non regalano risvolti poetici, in questo caso possono aiutare nella comprensione dei fatti. Dicendo che la risposta del serbo ha indotto a più miti pensieri un battitore pericoloso come Matteo Berrettini, trasformando 4 palle break su 9 ma soprattutto portando a casa 56 punti contro i 35 dell’italiano. Insomma la prova sputata che negli ultimi anni il servizio ha fatto passi da gigante ma la risposta non è stata a guardare restituendo pan per focaccia.
Una dote da marziano, quella del campione del mondo, resa tale anche dalla rara qualità di utilizzare il divenire dei punti con chirurgica precisione. Il serbo riesce a incidere nel gioco ritagliandosi situazioni a favore in cui raramente cede alla retorica di un colpo plateale se non strettamente richiesto da esigenze di punteggio, e ancora più raramente fa errori banali senza ricorrere ai ripari immediatamente dopo per ripianare i conti. Un criterio aritmetico fa di lui un giocatore difficile da schiacciare quando in difficoltà, o da contenere quando in netto sopravvento cede poco alla facciata estetica e mira sempre al sodo. Talento anche questo!
Il bellissimo match andato in onda sullo Chatrier, racconta di un Djokovic che ha fatto ricorso a tutto il suo potenziale tecnico e mentale per avere ragione di un Berrettini sempre più a suo agio tra i primi giocatori del mondo. E se il detto secondo cui una volta si vince un’altra si impara ha una sua verità, in questo primo confronto con il serbo, Matteo ha sicuramente appreso qualcosa, il prossimo chissà…