Per Federer, il forfait alle Olimpiadi di Tokyo non significa solo rinunciare alla medaglia d’oro. Era il suo ultimo grande obiettivo, e ora Roger si ritrova senza un vero motivo per cui combattere ogni giorno con l’età che avanza. Per questo, l’ipotesi di un ritiro nel 2021 prende sempre più piede. La Laver Cup potrebbe trasformarne l’addio in un evento degno del suo personaggio

L’ultimo grande obiettivo se n’è andato

Al termine del torneo di Wimbledon, che ha permesso a Novak Djokovic di agguantare lui e Nadal alla stratosferica cifra di 20 titoli Slam ciascuno, Roger Federer ha detto di essere soddisfatto del suo torneo. Un pizzico di verità c’è sicuramente, visto che non giocava uno Slam da un pezzo e aveva rischiato grosso già al primo turno, quando Adrian Mannarino non è andato così lontano dall’impresa. Ma i quarti di finale in un torneo del Grande Slam non possono certo essere l’obiettivo di Federer per l’ultima parte della sua carriera. Visto quanto ha vinto e quanto ha dato alla storia della racchetta, qualche piazzamento in più qua e là non fa alcuna differenza, quindi è naturale che nei ragionamenti sul suo futuro entri in gioco anche la competitività, ben lontana da quella dei suoi periodi migliori. Già da tempo il campione svizzero aveva cerchiato in rosso sul suo calendario le Olimpiadi di Tokyo 2020, per provare a conquistare quella medaglia d’oro che ha saputo mettersi al collo soltanto in doppio. La pandemia che ha causato lo slittamento in avanti dei Giochi, unita ai suoi – ormai ripetuti – guai al ginocchio, gli ha fatto un brutto scherzo, portandolo al forfait da un evento a Cinque Cerchi nel quale comunque non sarebbe stato fra i favoriti.

Il problema vero è che con la rinuncia a Tokyo lo svizzero ha smarrito l’ultimo grande obiettivo della sua carriera, che si traduceva in una delle motivazioni necessarie per continuare ad allenarsi a quasi quarant’anni, con quattro figli, un palmarès incredibile e la possibilità di dedicarsi ad altro senza battere ciglio. Parigi 2024, infatti, è troppo in là anche solo per pensare di partecipare, e visto che difficilmente lo rivedremo in grado di lottare per i titoli che contano, viene spontaneo pensare che l’idea di dire basta lo stia toccando sul serio, come sostiene il giornalista statunitense Steve Flink, il cui servizio al mondo della racchetta gli è valso nel 2017 l’inserimento nella Hall of Fame di Newport. Magari Roger riuscirà a scacciar via il pensiero questa settimana, dato che insieme alla famiglia si è recato nell’accademia di coach Ivan Ljubicic sull’isola di Losinj (Croazia), dove è stato visto scambiare qualche palla con la figlia Myla Rose e l’ex calciatore Thierry Henry, reduce dagli Europei di calcio (è assistente della nazionale belga). Ma prima o poi, come lui stesso ha spiegato a Wimbledon, una decisione sul suo futuro lo svizzero la dovrà prendere, e la recente promessa di rientrare “nel corso dell’estate” non sembra dare chissà quali garanzie.

L’addio alla Laver Cup? Avrebbe il suo perché

Sempre dopo la sconfitta contro Hurkacz ai Championships, Federer ha messo in chiaro che quella non sarebbe rimasta l’ultima partita della sua carriera, ma è parso decisamente più titubante sulla possibilità di tornare a Wimbledon nel 2022. Spesso chi ha vinto tantissimo fatica ad accettare la nuova realtà da comprimario (almeno in termini di risultati), e non è in grado di comprendere che certi risultati non arriveranno mai più. Ma Federer è molto intelligente, e se nell’anno dei 40 riesce ancora a giocare a certi livelli è perché nella sua carriera non ha praticamente mai sbagliato una singola decisione. Anche per questo, l’impressione è che il momento che più spaventa gli appassionati di tennis di tutto il mondo possa arrivare già quest’anno, specialmente se anche allo Us Open – dando per scontato che a Flushing Meadows ci sarà – dovesse rendersi conto che i suoi obiettivi non vanno più d’accordo con le possibilità del suo tennis e soprattutto del suo fisico, che di segnali gliene ha già dati parecchi. L’addio non sarà nella sua Basilea, visto che dallo Swiss Indoors hanno già annunciato la cancellazione del torneo, ma magari potrebbe arrivare alla Laver Cup, che non si gioca in Svizzera – sarà a Boston, dal 24 al 26 settembre – ma fra gli eventi del calendario è il più “suo” di tutti, visto che è stato ideato dalla TEAM8 Sports & Entertainment, la società di Roger e del suo storico agente Tony Godsick.

Per il ritiro di uno come Federer non esiste il palcoscenico ideale, e nemmeno il Centre Court di Wimbledon sarebbe all’altezza dell’addio di uno degli sportivi più grandi di sempre. Tuttavia, dato che per salutare tutti a Basilea dovrebbe attendere l’autunno del 2022, e sempre ipotizzando che l’addio possa arrivare quest’anno, il TD Garden di Boston non sembra affatto una cattiva idea. Per i 20.000 posti a sedere, ma anche o soprattutto perché – data la proprietà dell’evento – potrebbe diventare il palcoscenico perfetto per celebrare lungo l’arco dei tre giorni di gara la sua carriera infinita, senza che il giorno preciso debba dipendere dalla sua sconfitta in qualche torneo fissato come punto d’arrivo. Col beneplacito di mister Rod Laver, l’evento si trasformerebbe per un anno in una sorta di Federer Cup, con tutto ciò che ne deriverebbe anche dal punto di vista commerciale, di attenzione mediatica e di immagine. Un aspetto, quest’ultimo, che nell’universo Federer ha sempre avuto un ruolo importantissimo. Tanto da pensare che il suo addio passerà alla storia anche per i modi. E non solo per la quantità di lacrime versate da tutti coloro che, negli ultimi vent’anni, hanno tradotto la parola “tennis” col suo nome e cognome.