INTERVISTA – Il tennista padovano era in Germania durante la grande alluvione. Riposta la racchetta ha impugnato la vanga
Può capitare che tu giochi una vita a tennis, t’impegni, ottieni ottimi risultati e un bel giorno diventi famoso perché circostanze eccezionali ti hanno costretto a posare la racchetta e ad impugnare un altro attrezzo, nella fattispecie una vanga.
E’ quello che è successo a Luca Giacomini, 23 anni, padovano e attualmente n. 655 ATP, dopo aver raggiunto un best ranking di 461 nel 2019. Lo raggiungiamo telefonicamente a Castelo Branco (Portogallo) dove sta disputando un Future da 15.000 dollari.
Buongiorno Luca, raccontaci cosa è successo in Germania.
Antonio Massara, Riccardo Maiga ed io eravamo in Nord Reno Westfalia per giocare la Regional Liga con i ‘Blau und Weiss’, la squadra di Lechenich. Avevamo in programma un doppio impegno, così, dopo aver giocato la domenica, ci saremmo dovuti fermare tutta la settimana per allenarci in vista del successivo impegno contro Solingen.
Poi ha cominciato a piovere…
Sì, martedì e mercoledì è venuto il diluvio. Giovedì il fiume ha cominciato a straripare e il venerdì mattina hanno dato l’allarme. Allagamenti, frane, macchine trascinate dalla corrente, morti e dispersi. Allora siamo andati in centro a Lechenich per vedere se potevamo dare una mano. Nella piazza del paese avevano scaricato enormi quantità di sabbia con cui riempire migliaia di sacchetti per far fronte a nuove eventuali pioggie. Ritrovarsi con una vanga in mano è stato un attimo.
E cosa ha detto la gente quando ha capito che non eravate tedeschi?
Abbiamo inevitabilmente suscitato grande curiosità, essendo gli unici tre stranieri. Abbiamo spalato per circa sette ore e abbiamo assistito a prove di grande solidarietà: arrivavano in continuazione a portare viveri e bevande per i volontari. Si era creato un bel clima, compatibilmente con la tragedia che stavamo vivendo.
Ovviamente il sabato contro il Solingen non si è giocato e domenica Massara e Maiga sono partiti. Io sono rimasto fino a lunedì in attesa del mio volo per il Portogallo. Domenica sono addirittura riuscito ad allenarmi!
Avete suscitato un grande interesse anche nei media tedeschi.
Vero, il circolo ci ha dedicato una pagina Istagram, i giornali locali hanno scritto di noi ed è arrivata anche la TV. Insomma una bella soddisfazione.
Tornando al tennis, abbiamo notato che negli ultimi tre anni sei stato molto regolare nel circuito Future: una finale, diverse semifinali e tanti quarti. Cosa ti manca per il salto di qualità? Nel 2019 eri arrivato al n.461 ATP.
Purtroppo in quel periodo mi sono imbattuto nelle nuove e contestatissime regole del ‘transition tour’. Per cui sono stato anche sfortunato. Ora direi che devo solo sbloccarmi mentalmente, anche se sto continuando a lavorare sul mio gioco.
Su quali aspetti?
Sto cercando di andare a rete più spesso e di tirare di più la prima di servizio. In sostanza provo ad essere meno attendista e più aggressivo. Comunque spesso basta vincere una partita, magari un torneo e improvvisamente comincia a girare tutto per il verso giusto. Guarda cosa sta succedendo quest’anno a Franco Agamenone.
Ti sei appena laureato in Scienze Motorie, è il tuo piano B?
Sì, se un domani non riuscissi a mantenermi come giocatore, avrei i titoli per poter aprire una mia scuola e per gestire un mio team.
E mantenersi da giocatore è durissima, vero?
Impossibile se fai solo i 15.000. Difficilissimo con i 25.000. L’unica speranza è arrivare ai Challenger, dove i montepremi sono più alti e puoi contare sull’ospitalità. Altrimenti ti arrangi facendo anche i campionati a squadre, io ad es. gioco la A2 con la Canottieri Padova e la Regional Liga in Germania. Ma non credere, i tedeschi, che pure pagano bene, ti danno al massimo un migliaio di euro se vinci sia singolo che doppio. Così fai anche qualche Open, poi talvolta interviene il babbo (ride, ndr).
In ogni caso il tennis ti ha dato l’opportunità di vedere tanti posti. Ti piace viaggiare?
Sì moltissimo, conoscere posti e gente nuova. Peccato che abbia paura dell’aereo e quindi cerco sempre di fare tragitti non troppo lunghi.
Con le lingue come te la cavi?
Con l’inglese faccio un po’ fatica ma, tutto sommato, riesco a farmi capire. Con lo spagnolo va molto meglio.
Chi sono i tuoi migliori amici nel circuito?
Kirill Kivattsev (n.678 ATP) che in realtà è russo ma vive da tanti anni in Italia e si allena al mio circolo. Poi Vlad Zhuk che è bielorusso ma anche lui vive da tempo in Italia e adesso si allena a Rimini. Ma vado d’accordissimo anche con Alessandro Ingarao, Giorgio Ricca e Alexander Weiss.
Quando sei in trasferta come occupi i tuoi momenti off?
Leggo, sono un gran lettore. Prima di laurearmi studiavo, adesso leggo per divertimento. Mi piacciono i thriller di Donato Carrisi, poi i libri storici, ad es. ho appena finito un libro sulla seconda guerra mondiale e uno di Alberto Angela sull’antica Roma.
Il grande successo dei giovani tennisti italiani ti mette addosso una pressione positiva o negativa?
Non la chiamerei nemmeno pressione, ma uno stimolo positivo. Se ce l’hanno fatta loro, anch’io ho una chance. A parte Sinner e Musetti che sono una cosa a parte, tutti gli altri non è che una mattina si sono svegliati ed erano top 100, hanno invece lavorato duramente proprio come stiamo facendo noi.