Il greco adora dare l’immagine del bravo ragazzo, ma sempre più spesso certi comportamenti lasciano qualche dubbio sulla sua reale indole. Murray gli ha dato apertamente dell’antisportivo, altri si sono accodati ed evidente che i colleghi non lo apprezzino. Può fregarsene, ma dovrebbe pensarci: certe etichette possono rovinare una carriera
Dilemma Tsitsipas: bravo ragazzo o antisportivo?
Sui social gli piace dare l’immagine del classico ragazzo dalla faccia pulita, che non disdegna qualche frase filosofica e affronta il tennis con la purezza di chi sta vivendo il sogno inseguito fin da bambino. Ma se non fosse quello il vero Stefanos Tsitsipas? Uno sguardo un po’ meno superficiale fa venire più di un dubbio, alimentato da qualche atteggiamento discutibile che il greco sta trasformando in abitudine. Gli ultimi sono i suoi toilet break spezza ritmo nelle partite più delicate, che stanno facendo infuriare più di un collega. Negli ultimi mesi era già successo più di una volta, ed è capitato di nuovo al primo turno dello Us Open contro Andy Murray, con la differenza che lo scozzese dall’anca in metallo non gliel’ha fatta passare liscia, puntando apertamente il dito contro il suo comportamento. Murray gli ha dato dell’antisportivo, senza girarci troppo intorno, aggiungendosi alla lista di coloro che hanno sollevato più di un dubbio sul personaggio Tsitsipas, bello fuori ma (forse) un po’ meno dentro.
Qualche perplessità era venuta già tre anni fa, quando Daniil Medvedev gli avrebbe messo volentieri le mani al collo a Miami, dopo aver sentito qualche parolina che l’aveva parecchio indispettito. Tuttavia, fino a quando gli hater del greco erano personaggi spesso sopra le righe come il russo, oppure come prezzemolino Nick Kyrgios e le sue immancabili provocazioni social, la questione non faceva troppo rumore. Le parole di Murray, invece, hanno generato un polverone, per lo spessore di chi le ha pronunciate e perché nel tennis di oggi i battibecchi fra i big sono più rari di un serve&volley sulla seconda.
Doverosa precisazione: nei toilet break di Tsitsipas non c’è nulla che non sia permesso dal regolamento. Nel corso di un match di cinque set i giocatori hanno a disposizione due pause bagno, di una durata definita “ragionevole” in base alla distanza fra i campi e gli spogliatoi. Quindi non esiste un minutaggio preciso, tanto che nel match con Murray il giudice di sedia ha ritenuto lecito il tempo impiegato da Tsitsipas fra terzo e quarto set. Tuttavia, è naturale che gli avversari interpretino ciò che fa come un escamotage per spezzare loro il ritmo, anche perché spesso – come successo contro Murray – la pausa pipì funziona eccome. Lui se ne frega perché vince, ma nei suoi confronti monta l’insofferenza dei colleghi.
Un brutto vizio da eliminare
Una delle prove della scarsa simpatia degli altri nei confronti di Tsitsipas è nelle parole di Zverev. Solitamente, i tennisti fanno il possibile per stare alla larga dalle questioni che non li coinvolgono direttamente, mentre il tedesco ha tirato fuori l’argomento di sua spontanea volontà, come se non vedesse l’ora di mandare un messaggio (pepato) al collega. “Il regolamento glielo permette – ha detto in conferenza stampa –, ma fra noi giocatori esiste una sorta di regola non scritta, e certi atteggiamenti sono degni dei tornei juniores, non del numero tre del mondo. Non credo che un giocatore del suo livello debba fare certe cose. Io rompo le racchette, a volte esco di testa, ma vinco o perdo in campo”. Una pesante accusa di antisportività che stavolta arriva da un giocatore della sua generazione, e ribadisce come di fronte ai colleghi la maschera del bravo ragazzo indossata da Tsitsipas sia già caduta da un pezzo. Non lo apprezzano, e non hanno alcun problema a farglielo presente, anche perché prima dei toilet break il problema è stato spesso il coaching, o precisamente l’abitudine del papà-coach Apostolos di dargli un po’ troppi consigli (questi sì, non consentiti dal regolamento) durante gli incontri.
Per fortuna del greco, la simpatia dei colleghi non è fra gli ingredienti necessari per vincere i tornei del Grande Slam. Ma le etichette possono diventare pericolose e quella di antisportivo è una delle peggiori da portarsi appresso, in particolare in uno sport come il tennis che gode ancora di una certa integrità morale, e negli ultimi quindici anni è stato abituato a campioni tanto bravi in campo quanto fuori. Ma questo a Tsitsipas sembra non interessare: per lui il fine giustifica i mezzi e conta solo vincere, anche a costo di fare delle brutte figure e attirarsi parecchie antipatie.
Evidentemente è fatto così, ed è un peccato. Perché a uno con le sue qualità tecniche verrebbe più facile farsi apprezzare dal pubblico, e poi ha mostrato più volte di essere un ragazzo intelligente, che rispetto a molti colleghi avrebbe una marcia in più per diventare quel personaggio di cui il tennis avrà bisogno negli anni a venire. Tuttavia, dietro all’eleganza di un rovescio a due mani o di un post strappalike su Instagram deve esserci anche qualcos’altro, perché l’occasione fa l’uomo ladro e nei momenti di difficoltà basta poco per cadere in tentazione, finendo per fare brutte figure davanti a colleghi e pubblico. Tocca a lui rendersene conto, per non macchiare in questo modo una carriera che può diventare importantissima, correggendo certi atteggiamenti prima che l’ITF intervenga (si spera) con delle regole un po’ più chiare.