Mike Agassi, papà del grande Andre, è morto all’età di 90 anni. Primo coach del giovane campione, gli ha imposto allenamenti durissimi che hanno, per gran parte della sua carriera, portato Andre ad odiare il tennis, come raccontato nel libro “Open”
“Da ragazzino ho odiato il tennis, vivevo nella paura di mio padre, che mi voleva campione a tutti i costi. Mi diceva: ‘Se colpisci 2.500 palle al giorno, ne colpirai 17.500 alla settimana e quasi un milione in un anno. Un bambino che colpisce un milione di palle all’anno sarà imbattibile'”. Con questa frase, Andre Agassi introduce suo padre in “Open”, la sua autobiografia. Bene, Mike Agassi, poco fa, è morto all’età di 90 anni, come fatto sapere da suo figlio, a Las Vegas. L’uomo era lì ricoverato dallo scorso venerdì. Il suo nome originario era Emanoul Agassi e, da giovane, era stato un pugile di buon successo, la cui carriera culminò nella partecipazione ai Giochi Olimpici di Londra 1948 e Helsinki 1952. Di origini armene, si traferì a Las Vegas nel 1963 e questa scelta di vita contribuì fortemente a formare Andre, piccolo ragazzo talentuoso che vincerà ben 8 titoli del Grande Slam.
Il papà di Agassi, tuttavia, è passato alla storia soprattutto per il suo ruolo nell’autobiografia del figlio, diventata uno dei principali best seller del ventunesimo secolo, quantomeno per ciò che riguarda la letteratura autobiografica e sportiva. Nel libro, Mister Agassi viene descritto come un tiranno, il quale, fortemente desideroso che suo figlio diventasse un campione nel tennis, lo sottoponeva ad allenamenti durissimi con la macchina spara-palline (definita un drago dal piccolo Andre). Ciò fece scattare nel ragazzo un innato odio per questo sport, diventato, allo stesso tempo, una dipendenza e un lavoro. Oggi papà Agassi ci ha lasciati per sempre, ma se abbiamo potuto goderci le magie sul campo di una leggenda come Andre, il merito è, in buona parte, suo.