Flavia Pennetta, intervistata dal Corriere della Sera, racconta quanto sia stato emozionante ricevere la nomination per entrare nella International Tennis Hall of Fame e riflette sul momento attuale del tennis femminile

Flavia Pennetta, come ben si sa ormai da qualche giorno, è una dei sei tennisti candidati per entrare nella International Tennis Hall of Fame. La tennista italiana, autrice di una carriera a dir poco straordinaria, può vantare di essere stata la prima donna azzurra ad entrare tra le prime 10 del mondo, di essere l’unica con un Grande Slam all’attivo sia in singolare che in doppio, di essere stata la prima a diventare numero 1 del mondo nella specialità di coppia e di essere stata la prima ad aver vinto un torneo di categoria WTA 1000 (Indian Wells 2014, allora si chiamava Premier Mandatory). Tutto questo inframezzato da un infortunio di gravità immensa al polso che poteva anche scoraggiarla dal voler tornare alle gare. Flavia, però, è una donna di tempra e decisa, non si è arresa e ha ricostruito del tutto la propria carriera, arrivando a compiere imprese indelebili come quelle di New York. (Cliccare qui per sapere come votarla affinché possa entrare nella Hall of Fame, c’è tempo solo fino al 31 ottobre).

La brindisina, nelle ultime ore, ha rilasciato una bellissima intervista al “Corriere della Sera“, testata a cui ha potuto raccontare tutta la sua gioia per questo incredibile riconoscimento. “Sono molto orgogliosa ed emozionata di essere stata nominata per un eventuale ingresso nella International Hall of Fame. Ho ricevuto una mail da Stan Smith, il quale voleva il mio numero di telefono, e inizialmente – confessa l’ex numero 6 del mondo – pensavo fosse una bufala. Poi, mi sono accorta che era tutto vero e mi sono davvero emozionata. Ho dato tutto al tennis: mi sono divertita, ho passato momento bellissimi con le mie avversarie del circuito e, in più, ho concluso il mio viaggio con una vittoria Slam a 33 anni. Penso di aver regalato qualcosa, in termini di risultati ed emozioni, al mio sport e sono felice che sia rimasta nel cuore di molti anche fuori dall’Italia. Ora la gente dovrà votarmi, dunque inizia una specie di campagna elettorale: come dice sempre mio padre, non sono una brava politica (ride), quindi mi limiterò a mandare messaggi sui social da condividere con le persone che mi vogliono bene”.

Tra gli avversari di Flavia per un posto nella Hall of Fame, spiccano i nomi di Ana Ivanovic, che ha rappresentato una vera bestia nera per l’azzurra, e Carlos Moya, suo ex fidanzato. “Ana Ivanovic è, oltre Serena Williams, l’unica grande tennista che non sono mai riuscita a battere. Soffrivo maledettamente il suo gioco, mi mandava ai matti, dunque spero non mi regali qui l’ennesimo boccone amaro. Moya? Buffo trovarmelo davanti in questa occasione – racconta Pennetta –: forse per lui sarà più facile, dal momento che, allenando Rafa Nadal, continua ad avere grande visibilità mediatica, però mai dire mai. Anch’io sento di avere le mie carte da giocare in questa sfida“.

Come mai è stata proprio Flavia a ricevere questa nomination e non Francesca Schiavone, prima azzurra di sempre a vincere uno Slam? Questa la domanda a cui la pugliese risponde così: “Lei ha vinto il Roland Garros nel 2010, ma io sono stata la prima ad entrare in top 10 e ho ottenuto grandi risultati anche in doppio. Non so di preciso cosa abbia fatto la differenza, fatto sta che ora avrò un altro argomento con cui potrò sfottere Francesca. Io e lei siamo ottime amiche e, al di là di tutto, abbiamo avuto entrambe una carriera strabiliante: restare per 15 anni consecutivi tra le prime 10/20 giocatrici del mondo è una cosa davvero complessa e lo stiamo notando proprio in questi anni. Personalmente, a me il tennis piace di più quando ci sono dominatrici in stile Serena Williams: i fan, possono vedere un’icona in tenniste come lei e, inoltre, c’è sempre enorme curiosità di vedere chi, in quel grande torneo, può riuscire a batterla. Oggi, al contrario, nessun risultato può essere definito clamoroso e ciò fa sì che vendere il prodotto tennis femminile sia un po’ più complesso”.