Gli appassionati beffati sono infuriati, e hanno ragione. Dietro il disastro ci sono anche motivi tecnici e preoccupazioni sanitarie legittime, ma si poteva fare meglio. Ora occorre che tutti – Fit, Cts, governo – forniscano spiegazioni dettagliate. E che partano in fretta i rimborsi per chi magari ha perso anche i soldi di una vacanza

Un pasticcio che non ci voleva, che come al solito non ha padri ma solo tanti figli delusi: tutti coloro che credevano, anche da mesi, di avere un posto per le tanto sospirate Finals e invece si trova in mano un biglietto che non garantisce nulla se non – ed è il minimo sindacale – un rimborso in tempi sperabilmente veloci.

La rabbia degli spettatori mancati, lasciati a piedi dalla decisione del Cts di non concedere il 75 per cento di capienza alle Finals, che così restano al 60, è enorme: c’è chi è arrivato dall’estero, chi aveva prenotato le vacanze, chi il biglietto lo aveva regalato al figlio come premio per un bel voto. Difficile spiegare che dietro ci sono motivi tecnici, i timori per la pandemia in risalita, il fenomeno dell’overbooking («a gennaio la capienza era zero», dice una voce di dentro, «ma non si poteva far partire la prevedendita pochi giorni prima, un margine di rischio è sempre esistito…») e che anche l’assegnazione o no di un posto dipende oltre che dal momento in cui è stato prenotato anche dal settore in cui è collocato. Se c’erano state promesse di allargare la capienza, perché non sono state mantenute? E chi non aveva la certezza di poterle mantenere, perché le ha sbandierate?

E se a l cinema e atatro, al chiuso, la capienza è del 100 per cento, perchè per uno spettacolo sportivo non può essere diversamente? A perderci non sono solo gli appassionati beffati che stanno mettendo a ferro e fuoco i social e minacciano class action, ma anche l’immagine dell’Italia alla vigilia di quella che deve essere una festa sportiva. E il commento – ingiusto – di un giornalista straniero è quello che fa più male: «Restituite le Finals a Londra».