Anni di gavetta, poi il boom seguito da un’altrettanto rapida eclisse, che assomiglia ad una letargia. La vicenda del tennista dell’ Ossezia sembra uscita da un libro di Oliver Sacks

Il bell’addormentato

FOTO DI RAY GIUBILO

Poliedrico, Oliver Sacks insegnava neurologia a New York e scriveva libri. Un britannico troppo ironico e istrionico per piacere ai colleghi: immaginatevi il Gareth di “Tre matrimoni e un funerale”, comprese la barba e l’allegra omosessualità, alle prese con i noiosi docenti della Yeshiva, i politically correct della Columbia e i sapientoni della NYU. Fuori dal circuito accademico divenne popolare negli anni Ottanta e Novanta per i suoi romanzi e saggi, pubblicati in Italia da Adelphi, nei quali spiega come funziona il nostro cervello. Il titolo più venduto, “Risvegli”, ripercorre una vicenda della quale Sacks era stato davvero il protagonista in un ospedale del Bronx. Penny Marshall ne trasse un film. Un giovane medico, Malcom Sayer, interpretato da Robin Williams, somministra un nuovo medicinale ad alcuni pazienti sopravvissuti alla pandemia di encefalite letargica degli anni Venti. Tra quanti si svegliano dopo decenni di sonno c’è Leonard Lowe, uno straordinario Robert De Niro. Purtroppo, l’organismo si abitua in fretta alla L-DOPA e, dopo qualche settimana, tutti tornano allo stato di catatonia irreversibile.

Nella storia che vado a raccontare il dottor Sayer è un bielorusso, Yahor Yatsyk, classe 1992, cocciutamente convinto di poter svegliare qualche “addormentato” giocatore grazie ai metodi e alle teorie che, da numero 1106 ATP, applicate su di sé avevano fatto cilecca. Il corrispettivo armato di racchetta di Leonard Lowe è il russo Aslan Karatsev, di un anno più giovane di Yahor. È un globe-trotter che, nonostante l’evidente talento, sembra destinato a restare in sonno perpetuo rispetto al tennis che conta. I due s’incrociano in Francia nel 2019. All’epoca il ragazzo nato a Vladikavkaz nella repubblica caucasica dell’Ossezia del Nord è a quota 433 del ranking mondiale. Il coach senza esperienza e il campione mancato fraternizzano e decidono di trasferirsi a Minsk. Nei primi mesi il lavoro è soprattutto psicologico e ambientale. La formula della L-DOPA tennistica di Yatsik è complessa: provvede lui a tutto, dall’alloggio agli sponsor, razionalizza il calendario dei tornei, convince suo padre, ex campione sovietico di atletica, a fare da preparatore ad Aslan. Il quale, non sappiamo se a malavoglia, si trova costretto a concentrarsi sul tennis, 24 ore su 24.

Dal nulla alle Atp Finals

La cura dà risultati evidenti l’anno successivo, alla ripresa dopo i ricorrenti lockdown. In autunno, Karatsev macina risultati di rilievo, con ottime prestazioni nei match contro avversari come Khachanov e Wawrinka. A fine stagione è a ridosso dei top 100.

Aslan è sveglissimo, adesso. A inizio 2021 sbalordisce il mondo raggiungendo la semifinale di Melbourne (sarà sconfitto 3-6 4-6 2-6 da Novak Djokovic), impresa mai riuscita a un debuttante in uno slam nell’era Open. In primavera, quando lo vedo giocare per la prima volta dal vivo, m’impressiona perché ha un controllo totale del diritto a prescindere dalla violenza impressa alla palla, sa adeguare il proprio gioco a quello dell’avversario, non mostra tentennamenti e timidezze nemmeno se mette in difficoltà campioni che sei mesi prima lo ignoravano. Batte Andrey Rublev, Hubert Hurkacz, Felix Auger Aliassime, Diego Schwartzman, Grigor Dimitrov e tanti altri. Arrivano la vittoria nel 500 di Dubai (6-3 6-2 su Lloyd Harris), il terzo turno agli Us Open, il successo nel 250 di Mosca (6-2 6-4 su Marin Cilic), la medaglia d’argento alle Olimpiadi di Tokio nel doppio misto in coppia con Elena Vesnina, il premio dell’ATP per il più alto tasso miglioramento nel corso della stagione, che Aslan chiude da numero 18 dopo essere stato 15 a inizio novembre, subito prima di partecipare come riserva alle Finals del Pala Alpitour.

Il 2022 parte alla grande – titolo nel 250 di Sydney ai danni di Andy Murray (6-3 6-3) – sebbene nell’angolo non ci sia più Yahor Yatsyk, il dottor Sayer con la ricetta bielorussa. Si sono lasciati in autunno, senza spiegazioni ufficiali. Il titolo in Australia è l’ultimo effetto della cura, poi si palesano i segni della catalessi incipiente. Alla fine di gennaio Karatsev non ripete la cavalcata dei precedenti AusOpen (nel primo turno impiega quasi cinque ore a eliminare Jaume Munar, commettendo 107 errori non forzati; va fuori tabellone per mano di Adrian Mannarino al terzo turno). Da quel momento è un tracollo. Esce di scena nei match di esordio a Chennai, a Rotterdam, a Dubai e a Indian Wells, raggiunge miracolosamente il secondo turno a Miami, le prende subito di santa ragione dal giovane Holger Rune a Montecarlo e dall’esperto Oscar Otte a Belgrado. Alla fine di aprile Karatsev a.k.a. Lowe non è più nemmeno tra i Top 30.

Yahor, pensaci tu

La prima parte della stagione appare compromessa, anche perché Aslan non parteciperà, in quanto russo, ai Championships londinesi né, presumibilmente, agli altri tornei sull’erba in Gran Bretagna tra giugno e luglio. E non si può escludere che qualche altro paese decida a breve di bloccare le iscrizioni dei tennisti compatrioti di Vladimir Putin, l’aggressore dell’Ucraina. (Il caso di Karatsev è da manuale di geopolitica applicata: è cresciuto e si è formato tennisticamente in Israele dove la sua famiglia è emigrata quando lui aveva 3 anni, a 16 anni è tornato in Russia con il padre per allenarsi con Alexander Kuprin, Ivan Potapov e Andrey Kesarev, ma la madre e la sorella vivono tuttora a Holon, a sud di Tel Aviv. Ha il doppio passaporto e un anno e mezzo fa la Ita, la Israeli Tennis Association, tentò di convincerlo a giocare il paese di Amos Mansdorf, Shahar Pe’er e Dudi Sela. Tentennò ma poi optò, per quanto riguarda la pratica sportiva, per la Russia. Fece la stessa scelta Ludmila Samsonova, approdata in fasce in Val d’Aosta, da sempre con residenza, famiglia e allenatori in Italia, ora numero 32 WTA. Le loro esclusioni da tornei come Wimbledon sono, a mio giudizio, immotivate e insensate).

Fatto sta che nella classifica Race, che tiene conto dei risultati dell’anno solare per stabilire quali sono i protagonisti delle ATP Finals, Karatsev è oggi il numero 39. Fanno meglio di lui Francisco Cerundolo, Maxime Cressy, Pedro Martinez, Thanasi Kokkinakis, perfino Alejandro Tabilo. Se non è sonno profondo, il suo appare un probabile oblio anticipato. A meno che Yahor…