Ecco il diario da Halle, fra citazioni bibliche e impressioni dal vivo, del nostro «biblotennista» Ludwig Monti. A spasso fra i sentieri del torneo tedesco, con la nostalgia di Federer ma l’occhio colto, appassionato e ironico ben puntato al presente e alle sue suggestioni
Ed eccoci a un nuovo inizio. Be-re’shit, “in principio”, così si apre niente meno che la Bibbia (Genesi 1,1). Grazie a un’intuizione creativa del Direttore la rubrica Atto di Federer si trasforma in La Bibbia del tennis. Sempre in attesa del Re, beninteso, di cui al bisogno non si farebbe fatica a parlare biblicamente, come da due anni e mezzo a questa parte. Del resto, lui è la Parola fatta tennis, senza alcun dubbio. Ma ormai una parola ridotta quasi al silenzio, occorre accettarlo, pur sempre pronti a riascoltarla…
E quale miglior inizio che ottavi e quarti di un torneo Master 500, sull’erba, dal vivo? E che torneo: Halle, ridente cittadina tedesca, giardino dell’Eden di sua Maestà, che qui ha vinto dieci volte. Al punto che gli hanno dedicato il viale d’accesso allo stadio, la Roger-Federer-Allee. Due anni fa avevo comprato i biglietti, addirittura per quattro giorni, nella speranza di vedere più volte il Re, ma il Covid si è messo di traverso. Nel 2021 il torneo si è giocato a porte chiuse… ed eccoci qui, nella luce di inizio estate rinfrescata da un pungente venticello.
Nota tecnica: avevo pensato di procedere accostando a ogni libro biblico, in ordine di apparizione, l’evento tennistico o il giocatore del mese. Dunque da Genesi ad Apocalisse, in 73 (!) puntate. La Genesi, per intenderci, pensata in abbinamento a Carlitos Alca(t)raz, l’inizio di un fenomeno. Lui però questa settimana è a riposo precauzionale, in attesa di Wimbledon. E poi capite che l’impresa spaventa: oltre 6 anni, francamente troppi…Abbassiamo il tiro. Partiamo da qui, con una sorta di numero zero della rubrica, lasciandoci ispirare da quanto vedremo in questi due giorni. E così di seguito, senza limiti o programmi: il tempo e il tennis ci guideranno. In viaggio, let’s go!
Anzi in pellegrinaggio: ho scelto di essere alloggiato a qualche chilometro dalla OWL Arena, per fare a piedi un tratto congruo (più lungo del previsto!), come si addice all’arrivo a una meta significativa. Scorgo da lontano la sagoma…La nostalgia del Re impregna l’aria, ma sono subito distratto dal clima disteso, di sagra paesana teutonica, che si respira tutto intorno alla Arena. Insieme ad altri olezzi gastronomici, che potete ben intuire, già alle 11,30. Entro…
… e avevo preparato una riflessione ordinata, di commento ai primi due match visti (Djere-Khachanov e Basilashvili-Otte, con comprensibile sciovinismo del tifo tedesco nel secondo), ma la terza partita merita lei sola una riflessione, che ben si attaglia alla nostra rubrica. Mi appare infatti, come un’apocalisse, cioè una rivelazione, il profeta Daniil. Avrete capito che si tratta del russo Medvedev, il numero 1 del mondo (non il suo “cognomonimo”!). Gioca contro il pur bravo bielorusso Ilya (Elia) Ivashka, che però nulla può contro il profeta moscovita. E qui scatta la scintilla: d’ora in poi chiameremo Daniil profeta Elia, per le sue somiglianze con il più grande dei profeti biblici, di cui potete leggere nei libri dei Re. Come Elia, Daniil sembra trasportato dallo S/spirito, a volte in modo folle: come altro definire uno che annulla due set point dell’avversario con due ace di seconda a oltre 200 km/h? Come descrivere uno che colpisce al volo, sbagliando, una pallina che avrebbe potuto lasciar rimbalzare tranquillamente a un metro dalla rete? E poi sembra sfidare gli avversari, come Elia con i profeti di Baal, alzando il tono dei grugniti nei colpi decisivi. E ometto altre follie tennistiche assortite, sorprendenti e oniriche. Ma più di tutto ha un innato carisma, che è la forza dei profeti: presenza scenica, colpi tentacolari allargando a dismisura il compasso del suo corpo (non è così la parola dei profeti, inattesa e capace di scuotere di sorpresa?), sguardo che incenerisce uno spettatore che lo contesta. Gli si può persino perdonare il rovescio a due mani: anche i profeti sono pur sempre uomini…
Insomma, con la bellezza che solo il tennis di altissimo livelli dal vivo può riservare, con il suono più felpato della pallina sull’erba, oggi ho goduto di una rivelazione profetica. Molto terra terra, verdeggiante, ma pur sempre una rivelazione. E dopo le apocalissi occorre fermarsi, lasciar decantare, deporre in profondità. Perciò ho disertato il quarto match, Bautista Agut-Griekspor, mentre scrivo ancora in corsi, anche per non rischiare il ritorno alla realtà più dura (anticlimax, dicono i poeti). Sono scappato, pieno di gioia: domani oltre al profeta Elia mi attende, ci attende Nick, alias il “folle in Cristo”. E molto altro: buon viaggio!