Il numero 1 azzurro aveva buone prospettive al torneo di Vienna, ma cede in tre set a Diego Schwartzman. Nonostante la scarsa altezza, l'argentino ha raccolto molto di più con la prima palla. Più in generale, ha la capacità di far fruttare i suoi punti forti. Nel 2018, Fognini dovrà imparare a imitarlo.

A volte i numeri non servono, a volte vanno interpretati, a volte spiegano tutto. Per descrivere la sconfitta di Fabio Fognini al primo turno dell'Erste Bank Open è sufficiente dare un'occhiata alle statistiche. C'è tutto il 6-1 2-6 6-2 con cui l'azzurro si è inchinato al “Peque” Diego Schwartzman. Perdere contro l'argentino, soprattutto in questo momento, non è un disonore. Schwartzman sta giocando il miglior tennis della sua vita e ormai punta i top-20 ATP. Però il talento di Fabio è un'altra cosa, senza dimenticare le buone sensazioni della settimana scorsa (semifinale a Stoccolma). E se poteva esserci un po' di stanchezza, era lo stesso per l'argentino, reduce dalla finale ad Anversa. Invece Fabio ha gestito solo a tratti la partita e ne è venuta fuori una brutta sconfitta, se non altro perché Vienna poteva essere un buon torneo per lui: il campo è piuttosto lento, perfetto per le sue caratteristiche. La differenza l'hanno fatta due dati: a parità di prime palle messe in campo (55%), Schwartzman è stato molto più incisivo, con uno splendido 81% di trasformazione contro il 52% di Fognini. Differenza resa ancora più grave dalla struttura fisica di Schwartzman, il più piccolo tra i top-100 ATP. L'argentino è uno straordinario esempio di come coordinazione e tecnica possano garantire un discreto servizio, anche senza essere uno spilungone. E proprio il servizio, forse, ha impedito a Fognini di fare l'ultimo passetto, quello che tre anni fa gli avrebbe permesso di entrare tra i top-10. E poi ci sono gli errori gratuiti: se ne commetti 49 contro i 18 del tuo avversario, diventa quasi impossibile vincere, a meno che tu non faccia una caterva di colpi vincenti. Non è andata così, visto che Fabio ne ha tirati 15 contro i 12 del “Peque”.

IMPARARE DALLE SCONFITTE
Peccato, perché il secondo turno contro Pablo Carreno Busta non sarebbe stato proibitivo, viste le attuali condizioni dello spagnolo, unite alla pressione di dover difendere l'ultimo posto buono per Londra. E poi, per Fabio, sarebbe stata l'occasione di prendersi la rivincita della finale di un anno fa a Mosca, mai digerita a fondo. Invece ci sarà il replay del quarto di finale al recente Us Open, vinto dallo spagnolo. Dopo la sua finale ad Anversa, Schwartzman ha ricevuto un tweet di complimenti dal suo compagno di di Davis Guido Pella. “Come ti dico sempre, sei un esempio. Ti aspetto a Vienna”. Avrebbero potuto persino affrontarsi, se Pella non avesse perso da Carreno. A parte questo, Schwartzman è davvero un esempio da seguire: a parte la retorica del “piccoletto” in un tour di giganti, è in grado di fare sempre la cosa giusta. Impressiona la sua capacità di sfruttare i suoi punti forti, come la capacità di trovare gli angoli e costringere l'avversario a giocare sempre una palla in più. Fognini non ha avuto la pazienza necessaria, soprattutto dopo aver vinto un bel secondo set. Si è fatto sorprendere nel primo game del terzo, poi non ha avuto reali chance nei turni di risposta, fino a incassare un altro break al settimo game. La stagione di Fogini volge al termine: a prescindere da come andrà a Parigi Bercy, è da ritenersi positiva. Molti la ricorderanno per la faccenda di New York, con conseguente processo mediatico e disciplinare, ma va così: un episodio negativo rischia di far dimenticare quanto di buono è stato fatto, soprattutto tenendo conto da dove era (ri)partito. Le basi per un buon 2018 ci sono tutte, a patto di imparare – per davvero – da partite come questa.

ATP 500 VIENNA – Primo Turno
Diego Schwartzman (ARG) b. Fabio Fognini (ITA) 6-1 2-6 6-2