LA STORIA – Il portoghese Gonçalo Oliveira ha 21 anni e da un paio gira l’Europa in camper col padre, dividendosi fra Futures (tanti) e Challenger (pochi), per inseguire il sogno top-100. “È impegnativo, ma non mi stanco mai”. Nemmeno dopo 27 tornei consecutivi.– “Una foto? Aspetta, vado a prendere una felpa dello sponsor. Facciamoli contenti”. In effetti, è già tanto che uno come Gonçalo Oliveira ce l’abbia uno sponsor, dall’alto (si fa per dire) della sua 528esima posizione nella classifica ATP. Risultato più che rispettabile, ma che nel crudele sistema tennis significa tornei Futures, quindi zero guadagni per chi è fortunato, bilancio in rosso per tutti gli altri. Il ventunenne portoghese è uno di loro, quelli che sgomitano anni e anni rincorrendo un sogno che la gran parte non accarezzerà mai, chi perché non ha i mezzi tecnici, chi la testa, chi la voglia di farsi un mazzo tanto da mattina a sera, oppure di stare mesi e mesi lontano da casa. Non pare il caso del mancino di Porto, che pur di fare il tennista ha messo da parte tutto il resto, e la casa se la porta dietro ogni settimana, sulle ruote del camper che ha acquistato un paio d’anni fa. Alla guida c’è papà Abilio, ex giocatore professionista che gli fa da coach, manager, psicologo, fisioterapista. “Tutto tranne la fidanzata”, scherza lui. Insieme girano l’Europa settimana dopo settimana, provando a scegliere i posti migliori dove giocare. La prassi è sempre la stessa: cercano una zona vicina al circolo e ci fissano la residenza temporanea, sperando di rimanerci il più a lungo possibile. L’anno scorso l’hanno fatto per 27 tornei consecutivi, 46 in 52 settimane. Un record? Probabile. “Ma a volte magari ho perso al primo turno, quindi sono rientrato a casa per qualche giorno”, confessa sorpreso, quasi non si fosse accorto di averne giocati così tanti. Ci si stanca? “No, mai. È impegnativo, ma sono una persona solare, cerco sempre di guardare gli aspetti positivi. E poi più gioco, più cresco. È il motivo per cui sono qui”.
UNA QUESTIONE DI COMODITÀ
Quella dei tennisti che girano in camper non è una novità assoluta. Ci è passato pure Dustin Brown, la cui storia è diventata molto popolare dopo la vittoria su Nadal a Wimbledon. Facile immaginare da chi abbia preso spunto Oliveira. Invece no. “Me l’ha consigliato uno spagnolo, Marcos Giraldi Requena (un altro come lui: gira col padre ed è intorno ai primi 500, ndr), e ho pensato subito fosse una buona idea. Certo, non puoi permetterti un investimento come questo e poi mollare tutto l’anno dopo. Devi essere disposto a farlo a lungo”. Nell’area camping di Sondrio, casualmente piazzata proprio accanto al Tennis Club (dove l’abbiamo incontrato, impegnato nel locale torneo Futures), di camper ce ne sono quattro o cinque, il suo Knaus è decisamente il migliore. “È costato 80.000 euro, è completamente automatizzato. Ci sto parecchio tempo, non potevo comprarne uno qualsiasi”. Si deduce che la scelta del camper non è stata dettata (solo) dall’aspetto economico, quanto da una serie di comodità e vantaggi. “Mi posso portare un sacco di materiale che trasportare in aereo sarebbe complicato, poi posso dormire ogni notte nel mio letto, che non è cosa da poco. In certi hotel si pagano cifre importanti ma sembra di dormire per terra, meglio evitare”. E poi, quando si sveglia lui è già al club, quindi niente transportation, meno tempo perso. “È come giocare sempre a casa, e si risparmiano anche dei soldi. Sarebbero ancora di più se cucinassi, ma poi mi toccherebbe andare all’ospedale. Meglio il ristorante (ride, ndr).Se lo consiglierei? Sì, ma devi esserne predisposto. La vita nei tornei Futures è già difficile di per sé”.
“DI SOLDI NON SE NE VEDONO”
A sentirlo sembra tutto rose e fiori, ma girare in camper, per un europeo, ha anche degli svantaggi. Significa dover giocare sempre dove il livello è più alto, dove raccogliere punti è più complicato. “Vero. Ma per migliorare bisogna affrontare i più forti. Per questo quando posso gioco le qualificazioni nei Challenger, per testare il mio livello, capire cosa mi manca. È inutile che vada in India a fare punti se poi quando torno in Europa perdo al primo turno. Se si vuole arrivare nei primi 100 la strada è questa”. La sua è ancora lunga, ma Gonçalo non dispera. “Quest’anno punto a giocare le qualificazioni nei tornei del Grande Slam. Magari già allo Us Open: per farcela devo vincere tre Futures”. Mica facile per chi in quattro anni da ‘pro’ ne ha vinto uno solo. “Ogni stagione è più complicato. Dall’inizio del 2016 l’ATP ha ridotto a 16 partecipanti le qualificazioni dei tornei maggiori, significa che ogni settimana ci sono almeno 16 giocatori più forti nei Challenger, e di conseguenza 16 giocatori più forti anche nei Futures”. Ed è un bel problema, perché vincere meno partite significa incassare meno denaro. “Qui è così, per guadagnare qualcosa bisogna arrivare fra i primi 200. A questi livelli magari si riesce a non pagare l’attrezzatura grazie a qualche sponsor, ma di soldi non se ne vedono”. Secondo il sito ATP, nel 2015 ha incassato circa 13.000 dollari lordi, quando una stagione completa può arrivare a costarne oltre il quadruplo. Significa che il resto, con una Federazione che non lo può aiutare (“fanno il possibile, ma di soldi non ne hanno”), grava tutto sulle casse della famiglia. Come le rate del camper. Un investimento vincente? Per il momento solo coraggioso. Ma vuoi mettere tornare a casa ogni sera, in Francia, Spagna o Italia che sia?
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