Nel 2002, George Bastl ebbe il suo quarto d’ora di gloria battendo Pete Sampras a Londra. Oggi è senza classifica ATP, perde con Crepaldi e Marfia, ma ha un sogno: “L’anno prossimo vorrei tornare a Wimbledon”. 
Una recente immagine di George Bastl. Lo svizzero ha compiuto 38 anni lo scorso aprile

Di Riccardo Bisti – 20 giugno 2013

 
Fu una delle ultime occasioni in cui il vecchio Campo 2 di Wimbledon mostrò la sua fama di “Cimitero dei Campioni”. In verità, la sconfitta di Pete Sampras contro George Bastl non fu così clamorosa. Pete stava giocando proprio male. Paradossalmente, fu più incredibile la vittoria allo Us Open di due mesi dopo. Lo svizzero dai capelli a caschetto si impose in cinque set e resterà la sua unica traccia nel tennis che conta. L’ultima volta lo abbiamo visto un anno e mezzo fa al Tennis Club Bergamo. Era entrato nell’ufficio del supervisor, aveva firmato per giocare le qualificazioni del challenger orobico, ma la sua classifica era troppo bassa. Niente da fare, tornò a casa senza giocare, non prima di averci chiesto di usare il nostro computer per leggere la propria casella mail. Il tutto mentre gli altri giocatori smanettavano allegramente con i loro tablet e iphone. In effetti, George Bastl sembra un personaggio fuori dal tempo. La barba lunga mezzo metro prova a nascondere le rughe, ma i muscoli sono sempre più deboli, i riflessi sempre più lenti. La carta d’identità dice 38 anni, scavallati lo scorso aprile. Eppure George, figlio di un buon giocatore NHL, non molla. Continua a giocare nonostante sia rimasto senza classifica ATP. Quest’anno ha giocato quattro futures in Turchia, uno dopo l’altro, perdendo sempre al primo turno senza vincere un set. Gli ultimi due match li ha giocati contro i nostri Erik Crepaldi e Matteo Marfia. A pochi giorni da Wimbledon, la mente scorre a quel match di 11 anni fa, la partita che gli ha regalato il suo quarto d’ora di gloria.
 
Una serie di problemi al ginocchio lo hanno spinto ai margini del grande tennis. Negli ultimi tre anni ha giocato poco e niente. Mossi a compassione, o forse desiderosi di trovare una storia interessante, lo hanno cercato quelli dell’agenzia Reuters. Si sono sentiti dire che la carriera è tutt’altro che finita. “38 anni? Per me l’età non è un problema, anche perché sono diventato professionista a 24 dopo aver studiato negli Stati Uniti”. Le parole di Bastl sono quelle giuste. Sarebbero quelle giuste: “Ciò che conta è una buona forma fisica e avere passione per il gioco. E, credetemi, è molto più forte di prima. Non mi interessa guardare le carriere degli altri. I continui infortuni mi hanno fatto cambiare idea sul gioco, e adesso mi sento come un ragazzino di 16 anni, pronto a ripartire di nuovo”. Il problema di Bastl, quello che lui ignora (o forse non vuole accettare) è che non è mai stato un fenomeno, nemmeno negli anni di piena efficienza fisica. Tutti ricordano la vittoria su Sampras, pochi sanno che non avrebbe nemmeno dovuto giocare quel match. Già, perché aveva perso nelle qualificazioni contro Alexander Waske, ma poi venne ripescato come lucky loser. Contro Waske, tra l’altro, si prese la rivincita nella finale del challenger di Milano-Basiglio del 2004, ultimo dei quattro challenger vinti in carriera. L’unica finale ATP risale al 1999, quando perse a Tashkent contro Nicolas Kiefer. Best ranking? Numero 71, inferiore a tanti peones che non avranno la sua perpetua notorietà.
 

Come detto, quest’anno non ha ancora vinto una partita. “Nessuna sorpresa – dice George – non mi aspettavo niente di diverso. La concorrenza è affamata. Ma avere di nuovo l’opportunità di giocare è una grande sfida e una bella opportunità. Certo, devo ripartire dal fondo, ma la cosa non mi spaventa affatto. E poi è l’unico modo per tornare”. E poi, vabbè, butta lì una frase che rischia di essere un boomerang. “Il mio obiettivo? Essere in grado di giocare per ancora 1-2 anni e tornare al mio best ranking. Sento di essere ancora in grado di ottenere buoni risultati nel circuito”. Bastl è consapevole che un semplice calcolo delle probabilità lo condanna. Il tennis maschile non è come il femminile, dove Kimiko Date si è potuta fermare per 12 (dodici!) anni e tornare con agio tra le top 100. Tra gli uomini, persino una leggenda come Bjorn Borg è stata respinta con perdite. Non è la stessa cosa, ma Bastl ne è consapevole. “Più grande è la sfida, più grande è la soddisfazione personale. Sono consapevole di tutto questo. Se non avessi voluto farlo, non avrei preso in considerazione questa nuova avventura. Non importa l’avversario. Ciò che conta è provare a vincere. Il mio senso di sfida mi spinge ad andare avanti”. Adesso arriva Wimbledon: la sua ultima apparizione sui prati di Church Road risale al 2005. Perse contro un 18enne Andy Murray e non mise più piede in un torneo del Grande Slam. Bastl spera di tornarci. “Mi è sempre piaciuto venire a Londra a giugno e luglio. L’erba è la mia superficie preferita. Farò di tutto per esserci l’anno prossimo”. E’ pressoche impossibile, ma non è il caso di tranciare il sogno di Bastl con la dura realtà. Tanto se ne accorgerà da solo.