Mentre la carovana del circuito ATP è a Melbourne, pronta per l’Australian Open, Gianluigi Quinzi ha festeggiato 25 anni nella sua Porto San Giorgio. Anni fa pareva il Messia della racchetta tricolore, ma non è andata come doveva andare. Ora, ridimensionati gli obiettivi, sta cercando la sua strada nel tennis a Vicenza con Max Sartori

Tante promesse non mantenute

Gianluigi Quinzi sorride davanti alla torta di compleanno col numero 25, nella sua casa di Porto San Giorgio. Uno scatto che simboleggia bene come sono andate (o non sono andate) le cose negli ultimi anni: mentre i migliori tennisti del mondo si preparano per l’Australian Open, l’ex enfant prodige del nostro tennis ha festeggiato il 25esimo compleanno in famiglia, lontano oltre 15.000 chilometri da Melbourne. Secondo i propositi di qualche anno fa, oggi si dovrebbe trovare laggiù e fra i primi della classe, invece naviga fuori dai primi 400 della classifica ATP e l’entusiasmo di un tempo non c’è più, gradualmente perso in mezzo ad anni difficili con più delusioni che gioie.

Da quel maledetto 7 luglio 2013, quando vinceva Wimbledon juniores facendo letteralmente uscire di testa il pubblico italiano, sembra passata un’eternità. Invece sono sette anni e mezzo, nemmeno così tanti, ma oggi il Messia mancato del tennis azzurro vive una realtà ben diversa da quella che gli era stata cucita addosso, fra proclami e ambizioni esagerate.

Non è ancora tempo di parlare solamente al passato, ma la gran parte dei discorsi dell’epoca sono solo un ingombrante ricordo, perché la carriera di “GQ” non è andata come doveva andare. Ripensare oggi a quei periodi fa un certo effetto, perché nemmeno un (vero) fenomeno come Sinner è stato in grado di scaldare gli appassionati come il primo Quinzi. Dal 2012 al 2014 il suo nome era sulla bocca di tutti, la sua presenza garantiva il pienone a ogni torneo Challenger d’Italia e gli appassionati facevano a gara a chi riusciva a recuperare dettagli sulla sua programmazione, come se sapere in anticipo che tre settimane dopo avrebbe giocato in Colombia o in Romania potesse avere una minima punta di significato. Eppure, pareva la notizia più importante del mondo. Quando c’era Quinzi di mezzo tutti perdevano il senno, gridando al fenomeno avvolti nella bandiera tricolore, senza notare delle lacune che col tempo invece di sparire sono diventate sempre più evidenti, impedendogli non solo di diventare il top ten che l’Italia ha aspettato per oltre quarant’anni, ma anche di avvicinare sul serio i primi 100 del ranking.

Gli errori commessi

Col passare del tempo, le ragioni del mancato approdo del marchigiano nel tennis che conta sono diventate via via sempre più nitide. In passato, Quinzi e famiglia hanno spesso lamentato l’eccessivo peso delle aspettative: sicuramente in certi casi si sono rivelate spiacevoli, ma non possono essere un alibi. Parlando di Sinner, per esempio, Riccardo Piatti dice sempre che le pressioni fanno parte del gioco, e la capacità di reggerle rientra fra qualità di un giocatore vero, al pari di un buon diritto. L’ha ribadito Paolo Canè nella nostra recente intervista, spiegando che più il livello si alza, e più fa la differenza la capacità di saper reggere mentalmente lo stress di partite e risultati. Evidentemente Quinzi non era preparato a dovere, tanto che pure i fatti sembrano smentire la teoria delle troppe pressioni. È lì da vedere: da quando negli ultimi due anni il pubblico italiano si è gradualmente dimenticato di lui, la conseguenza non è stata una progressione. Per ritrovare le ultime vittorie di un certo rilievo bisogna tornare alla primavera del 2018, quando si aggiudicò i Challenger di Francavilla al Mare e Mestre. Era il periodo in cui si allenava a Foligno da Fabio Gorietti, e sulla scia dell’apparizione positiva alle Next Gen Atp Finals pareva pronto a recuperare il terreno perso nei confronti dei coetanei. Invece, da allora a livello Challenger ha passato i quarti una sola volta in tre anni, e la sua miglior classifica rimane il numero 142 datato aprile 2019. Lontano dagli obiettivi fissati anni fa.

I principali problemi sono stati due. Il primo è da ricercare nei ripetuti cambi di guida tecnica: da quando si ruppe l’alchimia con Eduardo Medica, Quinzi non ha più saputo trovare un coach in pianta stabile. Una manciata d’anni fa papà Luca rifiutò con vigore l’accostamento a Maurizio Zamparini, l’ex presidente del Palermo noto per “silurare” un allenatore dopo l’altro, ma la storia racconta di una lunga serie di cambiamenti, che di certo non ha giovato a un giovane in cerca di risposte. L’altro problema, ammesso anche dallo stesso Gianluigi in un’intervista col Tennis Italiano del febbraio 2018 fu quello di non aver quasi mai lavorato a lungo termine per il bene del suo tennis.

Attenzione: non significa che non si sia impegnato, tanto che chi si è allenato con lui ne ha sempre elogiato voglia e intensità, ma vuol dire che – seppur in buona fede – Quinzi ha sempre lavorato nella direzione sbagliata. Un concetto sintetizzato alla perfezione dal suo ex coach Fabio Gorietti, che agli albori della loro collaborazione parlò di un ragazzo che si era sempre impegnato per allenare il suo tennis e non per migliorarlo. È rimasto sempre troppo aggrappato a quegli schemi che funzionavano tanto bene da juniores, e quando si è accorto che non davano più i frutti sperati ha provato a estremizzarli, invece di cambiare rotta. Un errore imperdonabile.

L’ipotesi addio e la ripartenza

Oggi Gianluigi è cresciuto: ha trovato stabilità a livello personale (da quasi tre anni è fidanzato con Ilenia, ex miss Marche), si è iscritto all’università (facoltà di Management sportivo, da frequentare online) e ha dimostrato di aver assimilato certi concetti, anche se alcuni passaggi risultano ancora difficili da mettere in pratica. Nel 2020 si era addirittura diffusa la voce che volesse dire basta col tennis, scenario credibile visto che “GQ” aveva sempre posto certi traguardi come la condizione per andare avanti, ma il tutto è stato smentito dalla partecipazione a vari tornei nel post lockdown, e dalla scelta di affidarsi a Massimo Sartori alla sua Horizon Tennis Home di Vicenza. Nel corso dell’estate, il coach di Andreas Seppi ha evidenziato la necessità di dare a Quinzi energia nuova, soluzioni per migliorare le sue storiche lacune e anche una mentalità più matura, all’interno della quale il passato non finisca per pesare più del futuro. Un compito difficile che sin qui non è riuscito a nessuno, ma non per questo impossibile. E dato che ora gli appassionati guardano altrove e hanno scelto altri cavalli su cui puntare, il terreno sembra più fertile che mai.

Sia chiaro: nessuno si aspetta più di vederlo diventare un big del circuito mondiale, in grado di ripetere fra i grandi i risultati ottenuti da juniores. Ma quando tempo fa si capì che certe previsioni erano assolutamente fuori luogo, tutti erano concordi (lui compreso) nel dire che una buona carriera fra i primi 100 era comunque nelle sue corde. A sprazzi ha anche dimostrato di potercela fare, ma per riuscirci deve ripulire completamente la mente e trovare quella maledetta continuità che nel tennis conta come l’ossigeno. La stessa, curiosamente, che sta mancando anche a Hyeon Chung, l’avversario battuto nella famosa finale di Wimbledon juniores. Il coreano con gli occhiali non se la sta passando tanto meglio di lui, ma nel suo caso il problema sono gli infortuni e prima di fare dentro e fuori dall’infermeria è comunque arrivato fra i primi 20, e in semifinale all’Australian Open battendo Djokovic. Quinzi, invece, nel circuito maggiore Atp ha messo piede in un’occasione sola e negli Slam ha assaggiato giusto qualche le qualificazioni, sempre con scarsa fortuna. Anche ridimensionando di parecchio le ambizioni di una volta, resta comunque troppo poco.