Dal 2016, per partecipare alle Olimpiadi, bisognerà rendersi disponibili per 4 sfide di Davis o Fed Cup (e non solo due). Ma la regola sembra essere facilmente aggirabile.
Per poter giocare le Olimpiadi, i top-players dovranno dare maggiore disponibilità per le gare a squadre
Di Riccardo Bisti – 21 giugno 2012
Sono anni che si discute sui forfait che falcidiano la Coppa Davis. Capita spesso che i migliori giocatori diano la priorità all’attività individuale e chiedano di saltare qualche match di Davis. E’ successo a Federer, Nadal, Djokovic, Murray…nessuno escluso. Però il fascino dei Giochi Olimpici lo sentono tutti. Tutti i top-players hanno fissato in Londra 2012 uno degli obiettivi stagionali, al pari di uno Slam. Ci sono però i criteri di ammissibilità: per poter giocare a Londra bisogna aver collezionato almeno due presenze in Coppa Davis e in Fed Cup nel quadriennio, di cui almeno una nell’anno precedente ai Giochi. In tanti sono corsi precipitosamente ai ripari: il caso più clamoroso riguarda Serena Williams, che si è sciroppata una fastidiosa (per lei) trasferta in Ucraina per assicurarsi i Giochi di Londra (e dovrà comunque ottenere un'autorizzazione speciale). Il fascino delle Olimpiadi è un’arma nelle mani dell’ITF (che oltre i giochi gestisce gli Slam, la Davis e la Fed Cup, mentre i tornei del circuito sono sotto l’egida di ATP e WTA), che ha deciso di modificare i criteri di eleggibilità olimpica in vista di Rio de Janeiro 2016. Dagli spifferi che giungono, per giocare a Rio bisognerà collezionare almeno quattro presenze nel quadriennio olimpico, il doppio rispetto a oggi. La notizia ha dato particolarmente fastidio alla WTA, tenuta all’oscuro di ciò che bolliva in pentola fino a quando la decisione sarebbe stata comunicata lo scorso marzo a Miami. L’ITF assicura di averne parlato con giocatori e giocatrici, ma cambia poco.
La ragione di tutto questo è evidente: l’ITF vuole garantire a Coppa Davis e Fed Cup il migliore campo di partecipazione possibile, mettendo a tacere la voce ricorrente: “La Davis è snobbata dai migliori”. Con le nuove regole, i migliori saranno costretti ad esserci almeno una volta all’anno. In verità, la WTA non ha mai osteggiato particolarmente la Fed Cup, eccezion fatta per la (clamorosa) concomitanza tra la finale e il Masters B, cui prendono parte le giocatrici meglio piazzate ad aver vinto un torneo “International”. Una concomitanza che ha messo in crisi le nostre giocatrici, che per due anni di fila non sono potute andare a Bali. L’anno scorso, con l’eliminazione in semifinale, Roberta Vinci è potuta volare in Indonesia e anche quest’anno non avremo questo problema, che invece potrebbe colpire le serbe e le ceche. Al di là di questo, la WTA (almeno ufficialmente) vorrebbe che il format della Fed Cup venisse modificato per darle ancora maggiore importanza. In verità, la WTA non ha mai accettato di buon grado la necessità di lasciare due settimane interamente alla Fed Cup. Passi per la prima di febbraio (subito dopo l’Australian Open), ma i match nella terza settimana di aprile sono oggettivamente un fastidio per alcune giocatrici. Per ora l’ATP sta alla finestra, anche se certamente vede di buon occhio eventuali modifiche alla Davis. Sarà dura, perché l’ITF si è mostrata irremovibile su questo punto.
Ad ogni modo, la regola non è così rigida. I giocatori non dovranno necessariamente giocare quattro partite nel quadrienno olimpico (di cui almeno una nel 2015 o nel 2016). Sarà sufficiente rendersi disponibili. La regola, dunque, sarà più vincolante per i migliori giocatori. Se si rendono disponibili, in teoria, dovrebbero essere convocati. Al contrario, un Chardy per la Francia o un Querrey per gli Stati Uniti avrebbero meno problemi. Basterà rendersi disponibili. In verità sembra una regola facilmente aggirabile: in teoria un giocatore potrebbe rendersi disponibile…ma non essere convocato, magari dopo un accordo sottobanco. Va poi detto che la regola sarà leggermente diversa per le squadre che si trovano nelle categorie inferiori, che dunque potrebbero giocare meno partite. In quel caso, l’obbligo di disponibilità si limiterebbe a tre partite. Si tratta di giochi di potere, in cui non sempre il bene del tennis viene prima di tutto. Sarebbe già importante che il nostro sport non ci rimetta.
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