Bolelli supera Capdeville in due tie-break ed è negli ottavi a Bastad. Adesso sembra chiuso da Ferrer, ma ciò che conta è trovare continuità. Per rimettere in sesto una carriera pericolosamente in bilico.
Simone Bolelli cerca di fuggire dall’ombra di se stesso
 
Di Riccardo Bisti – 9 luglio 2012

 
L’immagine più allegra arriva da due bambini svedesi, armati di pallina gigante in attesa dell’autografo di Simone Bolelli. Quando l’azzurro si avvicinava si vedeva l’agitazione, l’emozione di avere un professionista a due passi. E allora scacciavano la tensione facendo le linguacce alla telecamera della TV svedese. Scene dolci in un pomeriggio anonimo, su un campo centrale semivuoto, in cui l’azzurro ha portato a casa 20 punti ATP. Roba importante, di questi tempi. L’azzurro ha superato Paul Capdeville al primo turno di Bastad con un doppio 7-6, ma è uno dei pochi aspetti da salvare di una giornata così così, in cui si è complicato la vita più del dovuto. In verità, contro il cileno, aveva perso due volte su due. Capdeville lo aveva battuto in Davis (ma era a risultato acquisito) e nelle qualificazioni di Pechino. Ottimi motivi per temere un avversario che ritroveremo tra un paio di mesi, quando l’Italia di Coppa Davis affronterà nuovamente il Cile. Ci è andata di lusso, vinceremo, e il pubblico del Tennis Club Napoli potrà esultare. Ma difficilmente rivedremo Bolelli-Capdeville, perché è probabile che i singolaristi azzurri saranno Andreas Seppi e Fabio Fognini. Ma torniamo allo Swedish Open, torneo che da una vita ottiene il premio ATP come migliore della sua categoria. Si gioca in riva al mare, l’organizzazione è perfetta e l’ambiente è rilassato. Quest’anno il torneo è più “accessibile” del solito: le Olimpiadi hanno compresso il calendario, sbattendo addirittura quattro tornei nella settimana post-Wimbledon. Lasciando perdere Newport, tana di erbivori, il trio Bastad-Stoccarda-Umago si è reciprocamente danneggiato. Non è bastato ridurre a 28 i tabelloni per evitare cut-off piuttosto alti.
 
Il modesto campo di partecipazione ha consentito a Filippo Volandri di essere testa di serie (il livornese esordirà domani contro la wild card locale Michael Ryderstedt) e a Bolelli di entrare direttamente in tabellone a dispetto di una classifica deficitaria, che dopo Wimbledon lo vede in 128esima posizione. La buona notizia è che da qui a fine anno non ha molto da difendere, quindi l’obiettivo top-100 è decisamente alla portata. A 26 anni compiuti (ne farà 27 a ottobre), Bolelli è a un bivio. Deve decidere che fare di una carriera che sembrava pronta ad esplodere, invece si è arenata da 3 anni, i più importanti. Ormai veleggia da tempo intorno alla 100esima posizione e non riesce a spingersi più in alto. Alterna grandi prestazioni a sconfitte preoccupanti. Contro Capdeville non ha fatto né l’una né l’altra. Contro un avversario mediocre, lineamenti da Incas e movimenti costruiti, si è trovato per tre volte sotto di un break nel primo set (0-1, 3-4 e 5-6) prima di rimetterlo in piedi e vincerlo al tie-break. Nel secondo sembrava tutto facile, ma si è complicato la vita e per poco non doveva giocare il terzo. Avanti 4-1 con doppio break, si è fatto lentamente risucchiare fino al 5-5. E’ andato nuovamente a servire per il match sul 6-5, ma Capdeville l’ha ripreso di nuovo. Per sua fortuna, ha giocato meglio nel tie-break e si è assicurato un posto negli ottavi, dove pare chiuso contro David Ferrer, prima testa di serie e unico top 10 presente a Bastad. Sul piano del look, Simone sembra essere tornato quello del biennio 2006-2007, quando era un giovane in ascesa e pieno d’entusiasmo. Orecchino al lobo sinistro, cappellino all’indietro. Simboli, nient’altro che quello. Ma che possono essere utili a restituire sicurezza e convinzione a un ragazzo sensibile, dal carattere non sempre granitico. Spiace vederlo in difficoltà, perché è un professionista serio. Si applica, quando c’è da lavorare non si tira mai indietro. Quando guarda i campioni alla TV li “studia”. Insomma, un professionista a tutto tondo.
 
Ma a tre fondamentali belli ed eleganti si accompagna un fisico non sempre scattante e un carattere indecifrabile. Lo sguardo perennemente verso il basso, la (quasi) totale assenza di reazioni…cose che fanno pensare a uno che se ne frega. Non è così, e se lo accusi di non avere grinta lui diventa blu di rabbia. Ci resta proprio male. Ma l’enigma rimane. Senza l’obbligo di giocare le Olimpiadi, Bolelli può programmarsi come meglio crede per cercare di tornare perlomeno tra i top 100. Purtroppo non è più tempo di parlare di “svolta”, di “scossa” e di “momento della verità”. Quelli sono arrivati, ma non hanno mai trovato seguito. Adesso c’è bisogno di continuità. Battere Ferrer sarà dura, ma sarà più importante vincere una decina di partite prima dello Us Open piuttosto che superare un top 10 e poi non prenderne più una. Simone lo sa, così come i suoi tanti sostenitori, perennemente innamorati del suo tennis pulito ed elegante. Nel frattempo, Bastad registra l’ingresso in tabellone di Alessandro Giannessi. Lo spezzino è stato bravo a superare tre turni di qualificazioni (all’ultimo round ha superato il polacco Przysiezny) e troverà al primo turno Michael Berrer, altro ex allievo di Claudio Pistolesi. Proprio come Simone Bolelli.