Sono le rivelazioni di un fornitore di sostanze dopanti a “Outside the Lines”, che conferma di aver servito 15 professionisti tuttora in attività, affermando poi che gli stessi non sono mai risultati positivi a test antidoping… DI ROBERTA LAMAGNI

di Roberta Lamagni – foto Getty Images

 

Le rivelazioni di un anonimo pusher di sostanze dopanti gettano taniche di benzina sul fuoco già vivo dei controlli antidoping nel tennis.

 

A poche ore dall'annuncio della riduzione della pena a Maria Sharapova – da 24 a 15 mesi – condannata per aver fallito un test durante lo scorso Australian Open, c'è chi accusa pesantemente l'agenzia antidoping di non fare abbastanza per fermare il fenomeno.

 

Ovviamente preferisce restare anonimo, ma il soggetto in questione in un'intervista rilasciata a "Outside the Lines" dichiara di aver regolarmente fornito ad almeno 12-15 giocatori professionisti tuttora in attività sostanze dopanti, senza che questi risultassero mai positivi quando sotto esame.

 

Le accuse si spingono oltre, perché mettendo in relazione il numero di casi positivi rispetto a quelli effettuati, le percentuali del tennis sono evidentemente più alte rispetto a qualunque altro sport. Nel 2014, per esempio, nel tennis è risultato un caso positivo su 985 test effettuati, mentre nello stesso periodo è fallito un test su 296 nel ciclismo e 1 su 274 nell'atletica.

 

"I test nel tennis sono senza cattiveria, fatti solo per far star buoni i detrattori". Dichiarazioni che minano pesantemente la credibilità del lavoro della Wada. Più qualità significa più soldi. Test più approfonditi pare richiedano dai 200 ai 450 dollari in più, considerando che di base per un test standard vengono spesi 300 dollari mentre invece uno completo ne costa 1200.

 

Dunque cifre esorbitanti se rapportate ai numeri sul tennis dichiarati dalla Wada per il 2015: 1032 giocatori analizzati, con i Top 160 testati in media dalle 10 alle 20 volte l'anno. Una questione ancora lontana dalla sua risoluzione.