Non sono mai state trovate sostanze illecite nel corpo di Alize Cornet. Tuttavia, la faccenda della francese sarà ricordata come la storia del “doping del citofono”. Già, perché proprio un citofono danneggiato l'ha salvata da un anno di squalifica per aver violato le norma WADA. La storia è ben nota: lo scorso gennaio, Alize è stata messa sotto indagine per aver saltato tre controlli antidoping tra il novembre 2016 l'ottobre 2017, infrangendo una regola che prevede l'obbligo di sottoporsi a qualsiasi test a sorpresa. Ogni atleta deve dare un'ora di disponibilità al giorno, 365 giorni all'anno, in cui gli addetti possono raggiungerlo. Lo scorso 24 ottobre, il citofono di casa Cornet, a Cannes, era fuori uso. Soltanto giovedì 26, due gironi dopo i fatti incriminati, il padre ha chiamato un tecnico per riparare lo strumento, circa due settimane dopo essere stato avvisato dalla figlia del mancato funzionamento. Martedì 24 ottobre 2017, tra le 8 e le 9 del mattino, regolarmente in casa, non è scappata da nessuno. Stava facendo colazione, ignara di chi la stava cercando. Il Tribunale Indipendente chiamato dall'ITF ha prosciolto la francese da ogni accusa con una sentenza di 26 pagine, dichiarando che gli addetti non hanno adottato “misure ragionevoli” per entrare in contatto con la giocatrice una volta appurato che al citofono non rispondeva nessuno. In una nota ufficiale, la Cornet (attualmente numero 32 WTA), ha detto di avvertire un mix tra gioia e sollievo. “Gli ultimi sei mesi sono stati un incubo per me e per la mia famiglia. Sapere che potrò continuare a fare quello che amo mi riempie di energia straordinaria”. Alize ha scelto di non autosospendersi in attesa di giudizio, giocando diversi tornei con l'ansia di un'udienza che si sarebbe svolta il 1 maggio.
UN PROGRAMMA INVASIVO
Adesso potrà giocare nuovamente serena, a partire dal suo amato Roland Garros. La storia di Alize evidenzia quanto sia pesante, per gli atleti d'elite, rispettare i codici WADA: dare un'ora al giorno di disponibilità, anche durante le vacanze o nei periodi di riposo, è uno stress e un impegno notevole. Secondo Stuart Miller, responsabile antidoping dell'ITF, la regola è il fondamento di un buon programma antidoping. “Non può esserci un efficace programma di test al di fuori dalle competizioni senza chiedere ai giocatori dove e quando sono reperibili”. Ma se per tanti sportivi la routine più o meno uguale, i tennisti sono costantemente in viaggio e non è sempre facile sapere con settimane di anticipo dove si troveranno in un determinato giorno. Per intenderci, perdere nei primi turni di un torneo può rivoluzionare la logistica di un'intera settimana. Naturalmente possono cambiare il programma, però devono avvisare chi di dovere tramite il sito internet dedicato, via e-mail, oppure con un'app dedicata. Come è noto, sono concessi un massimo di due errori all'anno, mentre al terzo scattano i procedimenti che possono portare a una squalifica. Nel tennis, circa 250 giocatori sono soggetti al programma: i top-100 ATP e WTA, più i migliori doppisti e i più forti atleti di wheelchair tennis. Quasi tutti riescono a gestire la situazione. “In effetti è una sfida – ha detto Johanna Konta – probabilmente sarà l'unica cosa che non mi mancherà quando avrò smesso di giocare. Però è una parte necessaria del gioco, e capisco perché sia in vigore. Però è certamente una cosa invasiva”. Da quando la norma è stata introdotta nel 2009, la Cornet è stata la prima tennista a essere processata dall'ITF. In realtà c'era stato il caso di Xavier Malisse e Yanina Wickmayer, ma i due belgi erano stati presi di mira dalla loro agenzia antidoping nazionale e comunque se l'erano cavata per una serie di cavilli formali. Ma torniamo alla francese: i primi due test mancati (3 novembre 2016 e 27 luglio 2017) avevano la stessa ragione: in entrambe le occasioni, doveva prendere un volo ed era partita di prima mattina per evitare il traffico sulla strada per l'aeroporto. Howard Jacobs, uno degli avvocati in difesa della giocatrice, aveva inizialmente pensato di contestare il secondo test mancato (Alize era uscita da pochi minuti per volare a Stanford e trovarono solo la madre. Contattarono telefonicamente la giocatrice, ma non fece in tempo a tornare indietro senza perdere il volo), poi ha scelto di concentrarsi solo sul terzo.
LA TELEFONATA ALLE 8.57
Ma cosa è successo nella mattina del 24 ottobre? Una volta arrivata a Cannes, nei pressi dell'abitazione che la Cornet condivide col coach-fidanzato Michael Kuzaj e con Antoine Tassart, l'addetta antidoping ha suonato per quattro volte il campanello, ogni 15 minuti, per il tempo totale di un'ora. Come detto, lo strumento non funzionava e la Cornet non ha potuto sentire. A tre minuti dal termine dell'ora di disponibilità comunicata dalla giocatrice, l'ha chiamata al telefono ma ha risposto la segreteria. La giocatrice ha sostenuto di non aver visto il telefono squillare, ma di aver trovato soltanto una chiamata persa da un numero sconosciuto, e nessun messaggio né scritto, né vocale. Secondo la difesa, il tentativo di telefonata è arrivato all'ultimo perché l'obiettivo era non dare nessun preavviso al giocatore. “Le regole sono incentrate sulla paranoia secondo cui, anche con un minimo preavviso, i giocatori possono trovare il modo per evitare di risultare positivi al controllo”. Il Tribunale ha concluso che la Rossetti non ha fatto un “ragionevole tentativo” per cercare di raggiungere la Cornet. Per esempio, non ha chiesto informazioni a nessuna delle tante persone che entravano e uscivano dall'edificio. Una di queste era proprio Tassart. L'addetta ha spiegato di non aver contattato i vicini perché temeva che la giocatrice avesse il vantaggio di un “preavviso”. Secondo il collegio giudicante, è stato un atteggiamento incoerente con il protocollo. Inoltre, non sono state ritenute valide le argomentazioni sulla delicatezza o il rispetto della privacy dei vicini. La corte ha poi sottolineato che l'addetto al controllo antidoping deve contemplare la possibilità che il citofono non funzioni. La decisione non è stata unanime ed è stata definita “borderline”, ma tanto è bastato per salvare la Cornet. Secondo i racconti della Konta, saltare un controllo è prassi non frequente ma abituale. Lo scorso marzo, le è capitato per la prima volta di saltarne uno quando si è spostata in California. Ha aggiornato dello spostamento di sabato sera, ma a causa del fuso orario in Gran Bretagna era già domenica mattina. “Questa cosa è abbastanza stressante, dico sempre a chi mi circonda di ricordarmelo. È facile dimenticarlo, soprattutto quando giochi una partita”. Alcune giocatrici si fanno aiutare dalla tecnologia: Caroline Garcia ha impostato un avviso sul telefonino ogni sera e ogni mattina, mentre Julia Goerges ha scelto un allarme che suona cinque minuti prima dell'inizio dell'ora di disponibilità. “Se impari a conviverci, è qualcosa che entra nella tua testa e che inizia a far parte della routine. Personalmente non mi infastidisce, è una questione di organizzazione. Il tennis dovrebbe essere uno sport pulito. Se aiuta, sono ben felice di farlo. Se tutti si comportano nel modo giusto, non c'è ragione di lamentarsi”. Dopo il grande spavento, è probabile che Alize Cornet diventi molto attenta e scrupolosa. Stavolta le è andata bene, meglio evitare di correre altri rischi.