Mossa a sorpresa dell'australiano, da sempre paladino dell'autogestione tecnica e disciplinare: precipitato al numero 27 ATP, ha iniziato a lavorare con James Cerretani, discreto doppista ancora in attività. Dopo essersi sentiti spesso al telefono, hanno scelto Tokyo per dare il via alla partnership.

Il tempo passa e Nick Kyrgios continua a vivere in una specie di limbo. Un po' fenomeno, un po' bidone, non si capisce cosa voglia fare della sua carriera. Sono sempre più lontani i tempi in cui batteva Rafa Nadal a Wimbledon e faceva gridare al miracolo. Gli australiani pensavano di aver trovato un degno erede della loro tradizione. A oggi, Nick è soprattutto un talento buttato via, noto per troppi comportamenti sopra le righe che nascondono un animo nobile, come certificato dalle tante attività benefiche. Sul campo da tennis, tuttavia, è stato definito “giocatore da Laver Cup”: non esattamente un complimento. Tra le tante colpe imputate a Kyrgios c'è la pericolosa tendenza all'autogestione, l'assenza di un coach stabile che indirizzi la sua vita, ancor prima che la sua condotta sul campo. Ci ha provato Sebastien Grosjean, ma è finita male. Ed è imbarazzante, talvolta, dare un'occhiata al suo angolo. Spesso, la figura più rappresentativa è la madre. Tuttavia, al torneo ATP di Tokyo è finalmente comparso un allenatore. Nel giorno del suo 37esimo compleanno, James Cerretani ha fatto il suo esordio sulla panchina di Kyrgios. Il doppista americano è ancora in attività, peraltro con un ottimo ranking (è numero 65, non troppo distante dalla 45esima posizione colta nel 2008). Eppure ha scelto di lanciarsi in un'avventura più complicata che affascinante. Per adesso, il duo è in prova: Cerretani seguirà Kyrgios a Tokyo e Shanghai, poi si vedrà. È iniziata benino, con un 7-5 7-6 a Yoshihito Nishioka, reduce dalla vittoria a Shenzhen. Oggi se la vedrà con Richard Gasquet negli ottavi. Già che c'erano, hanno anche tentato le qualificazioni in doppio, ma si sono arresi al secondo turno.

CARATTERI SIMILI
“James è il mio coach, potete scriverlo – ha detto Kyrgios – in realtà stiamo lavorando già da un po', soprattutto nelle ultime due settimane. Abbiamo parlato molto al telefono, ma in questo torneo è ufficialmente diventato il mio allenatore. Le cose stanno andando bene”. Cerretani è uno dei tanti prodotti del college americano. Prima di diventare professionista, si è laureato in relazioni internazionali ed economia. Ben presto si è accorto di non avere chance in singolare, allora si è reinventato come specialista del doppio. Non è un fenomeno: in oltre 10 anni ha vinto quattro tornei ATP, tutti di seconda fascia, e ha raccolto un paio di piazzamenti nei quarti a Wimbledon. Quest'anno sta giocando discretamente (un mese fa è arrivato in finale a Winston Salem insieme all'eterno Leander Paes), ma quella con Kyrgios può essere l'occasione giusta. Non è molto noto, ma chi lo conosce giura che sia il tipico americano: spavaldo, sicuro di sé, dal carattere ispido, non troppo diverso da quello dell'australiano: vedremo se sarà una buona partnership, oppure l'ennesimo tentativo fallimentare di una carriera indecifrabile. Kyrgios è sceso al numero 27 ATP e viene da una stagione ben al di sotto delle attese: a parte la vittoria a Brisbane, i migliori risultati rimangono le semifinali a Stoccarda e al Queen's, oltre agli ottavi all'Australian Open. A parte i problemi fisici (dei quali è comunque responsabile), ha messo insieme troppi risultati che non c'entrano nulla. Chissà se Cerretani riuscirà a mettere insieme i pezzi di un puzzle così disordinato. Se le cose dovessero andare bene, chissà se rinuncerà alla sua carriera da giocatore per iniziare quella da coach. Fatte le debite proporzioni (allena una donna e comunque si era infortunato), Dmitry Tursunov potrebbe aver inaugurato una tendenza.