La fine del 2016 ha segnato numerosi cambi di coach, soprattutto nel circuito femminile. Tuttavia, la nuova partnership più interessante riguarda il Tour ATP, ed è quella che vedrà Carlos Moya a fianco di Toni Nadal e Francisco Roig. “Rafa” era l’unico dei big a non aver ancora tentato la strada di un supercoach, e in tutta la sua carriera non aveva mai apportato alcun cambiamento al suo team. L’ha fatto per integrare colui che un tempo era il suo idolo, poi è diventato solamente uno dei tanti spagnoli diventati normali di fronte ai suoi record. Ma i due sono sempre rimasti grandi amici, e sarà affascinante vederli l’uno a fianco dell’altro, dopo che Carlos ha terminato (a quanto pare a favore di Richard Krajicek) la sua collaborazione con Milos Raonic, raccogliendo parecchia esperienza. Moya – come ha spiegato in un’intervista rilasciata al quotidiano spagnolo ABC – viaggerà ancora meno delle 18 settimane trascorse a fianco del canadese, perché si dedicherà anche ai ragazzi della Rafa Nadal Academy di Manacor. Ma ai tornei importanti non mancherà, a partire dall’Australian Open. “Siamo sempre stati grandi amici – ha detto il 40enne di Palma di Maiorca – e credo che lui, Toni e Francisco (Roig, ndr) cercassero la mia esperienza come giocatore. Dopotutto non è molto che mi sono ritirato. Credo volessero integrare al team qualcuno dall’esterno, ma senza che fosse un perfetto sconosciuto. Nadal ha fiducia in me, e non solo nel tennis, ma anche a livello personale. Il nostro rapporto si estende da sempre al di fuori del campo, e ho sempre creduto tantissimo in lui, anche quando non facevo parte del suo team. Sarà importante separare i ruoli: da una parte l’amico, dall’altra il coach”.
Moya promette che sarà un allenatore molto esigente, perché crede che il miglior Nadal possa tornare sul serio. “Ho accettato questo progetto perché sono sicuro che possa tornare a vincere quanto un tempo ed essere di nuovo il migliore di tutti, conquistando i tornei del Grande Slam e tornando al numero uno del mondo. Non credo che negli ultimi anni abbia accusato un crollo: un giocatore come Nadal non si dimentica come si gioca a tennis. Credo sia un discorso di fiducia: nella vita del tennista ci sono degli incontri fondamentali, che possono lasciare il segno. Un match perso 7-6 al quinto set, uno che scappa da una situazione favorevole, una finale andata male. Se vinti aiutano a fare un passo avanti, ma se persi possono produrre un effetto contrario. Rafa ne ha persi alcuni e ha smarrito la fiducia necessaria. Quando tornerà a vincerli recupererà il livello di sempre”. Il vincitore del Roland Garros 1998 precisa che non ci sarà alcun cambiamento radicale, la cosa fondamentale sarà solamente il fisico. “Rafa ha bisogno di continuità, per prendere confidenza nel proprio gioco. Se è in buona salute, può ancora essere il migliore”. Interessante l’ultima parte dell’intervista, in cui parla del ruolo di un buon allenatore. “Ciò che conta è il giocatore, è lui che va in campo, ma un allenatore può dare quell’1% che a certi livelli fa la differenza: può fare una mano a livello tecnico e tattico. La parola ‘supercoach’ non mi piace, ma la formula sta funzionando. Lo dimostrano Becker, Edberg, Chang, Bruguera, Ivanisevic: tutti hanno fatto un gran lavoro, ma senza un team alle spalle diventa difficile. Senza tutte le altre persone che lavorando con Rafa è impossibile che un aiutante come me possa fare la differenza”.