Così facendo, l’ITF vorrebbe tagliare radicalmente il numero di giocatori che attualmente competono per conquistare un posto nelle classifiche ATP e WTA, creando un gruppo ristretto di non più di 1500 atleti professionisti, 750 per sesso. La riduzione dei giocatori servirà a garantire la possibilità di indirizzare meglio i premi, facendo in modo che sempre più atleti riescano a guadagnarsi da vivere col tennis professionistico. Per il momento non è stato reso pubblico nulla di più sul nuovo circuito: nella nota stampa dell’ITF si legge che da ora in avanti lavoreranno a stretto contatto con ATP, WTA e le varie federazioni nazionali, per dare una forma concreta all’idea, studiandone le modalità, i tornei e la struttura della nuova classifica. Sicuramente buona parte del progetto è già stata decisa, e probabilmente mancano solamente i dettagli, come i criteri di ammissione al Transition Tour (età minima, età massima), quanti posti nelle entry list dei tornei Pro riservare a chi arriva da “dietro”, e altre informazioni per capire meglio un progetto dagli indubbi pregi. Per il momento ha anche alcune incognite, visto che andrà sicuramente a influenzare l’attuale composizione dei calendari e potrebbe portare a una drastica riduzione del numero di tornei, ma se l’intenzione (intelligente) è quella di avere meno giocatori, è logico che il calo dei tornei vada di pari passo.

Da parte dell’ITF l’obiettivo principale è uno: creare un circuito sostenibile e di successo, che faciliti l’accesso dei giocatori al tennis professionistico. Sembra una banalità, ma è quanto di più lontano dalla situazione attuale, specie se per tennis professionistico si considera quella soglia in cui i giocatori smettono di rimetterci dei soldi e iniziano a guadagnare qualcosa. Per arrivare a studiare una situazione, l’ITF ha commissionato alla Kingston University di Londra un’analisi durata ben tre anni, nella quale sono stati presi in esame oltre 50.000 dati relativi alle stagioni dal 2001 al 2013. Fra i tanti punti valutati, i più interessanti sono i seguenti:
– È stato calcolato che attualmente frequentano i tornei ITF circa 14.000 giocatori, la metà dei quali non riesce a raccogliere nemmeno un dollaro di prize money. E non è che chi incassa qualcosa se la passi meglio: secondo le stime dell’ITF circa 13.400 giocatori (il 95%!) sono in passivo.
– Dei 162 milioni di dollari che mediamente circolano ogni anno a livello maschile, i primi 50 della classifica ATP si spartiscono un buon 60%, mentre a livello femminile le prime 26 del mondo guadagnano oltre la metà (51%) dei circa 120 milioni di prize money complessivo.
– L’analisi dell’ITF ha stimato che la spesa media per sostenere un anno di attività “pro” sia di circa 40.000 dollari, e che quindi il famoso “break-even” (la posizione in classifica necessaria per pareggiare entrate e uscite) è alla posizione numero 336 del ranking ATP e alla 253esima del ranking WTA. Vuol dire che tutti coloro che stanno dietro, anche fior fior di professionisti, per giocare a tennis ci rimettono dei soldi (*).
– È emerso che malgrado il numero di giocatori in grado di ottenere un ranking fra gli juniores sia in continuo aumento, non è cambiato il totale di quelli che poi riescono anche a conquistare una classifica ATP. Segno che le note difficoltà nel passaggio da junior a “pro” sono sempre d’attualità, e al momento il circuito ITF Pro non garantisce le possibilità che dovrebbe.

Vista la situazione, e dato che difficilmente i soldi in palio potranno aumentare (e non è nemmeno del tutto sbagliato: normale che a ricevere il grosso sia chi lo produce, cioè i big), al momento la soluzione più sensata pare proprio quella di ridurre il numero dei giocatori, così da spartire gli stessi soldi fra meno persone, garantendo a tutti entrate maggiori. Il numero 400 del mondo non diventerà ricco, ma almeno smetterà di rimetterci dei soldi per essere un professionista di tutto rispetto in uno degli sport più importanti al mondo. Di sicuro, la riforma servirà a rendere più professionale un mondo che al momento accoglie troppi dilettanti, tanti dei quali senza i mezzi per competere a livello professionistico e senza la minima chance di costruirsi un futuro da giocatori. E chissà che magari, di riflesso, la riforma non possa finire per dare una mano anche alla lotta contro il match-fixing, togliendo di mezzo quei giocatori (e ce ne sono) che partecipano ai tornei con scopi diversi dal raccogliere punti ATP. La vera struttura del Transition Tour si scoprirà solo fra qualche mese, ma nel frattempo è già un grande risultato il fatto che l’ITF voglia provare a garantire un futuro – e una dignità – migliore anche ai tennisti di seconda fascia. A costo di sacrificare qualche giocatore che non riuscirà mai a guadagnarsi da vivere col tennis nel bene di chi invece ce la può fare. Ma non alle condizioni attuali.
(*) In realtà il calcolo sembra addirittura troppo generoso: il totale delle uscite non comprende il costo degli allenamenti, che lievita – e di molto – se il coach viaggia anche con il giocatore durante i tornei. Di conseguenza, anche se per la gran parte dei tennisti alla voce “entrate” vanno aggiunti i soldi di gare a squadre, tornei nazionali e magari anche qualche piccola sponsorizzazione, la stima non sembra troppo convincente. A naso il “break-even”, specialmente quello maschile, potrebbe risultare quasi un centinaio di posizioni più in alto).
IL SONDAGGIO SVOLTO FRA I GIOCATORI
IL SONDAGGIO SVOLTO FRA GLI ADDETTI AI LAVORI