di Giorgio Spalluto – foto Getty Images
Andy Murray torna a far parlare di sé per i suoi risultati e non per le note vicende legate al futuro dell’Atp che lo hanno indotto, insieme ad alcuni illustri colleghi, a minacciare anche uno sciopero nel caso in cui le richieste sull’accorciamento del calendario non dovessero essere recepite.
Lo scozzese ha scelto Bangkok per tornare in campo dopo l’ennesima delusione slam. A differenza dei disastrosi rientri post Australian Open e Wimbledon, il n° 4 del mondo ha onorato la sua testa di serie n.1, raggiungendo agevolmente la finale (perdendo lungo la sua strada solo un set in semifinale contro Gilles Simon) e dominando nell’ultimo atto uno spento Donald Young.
L’eterno incompiuto yankee poteva già dirsi soddisfatto per aver colto la sua prima finale Atp al termine di un’autentica battaglia in semifinale vinta ai danni di Gael Monfils, che ha impedito, però, all’ex grande speranza del tennis statunitense di opporre la benchè minima resistenza allo scozzese.
La cronaca dell’incontro non può che essere ingenerosa nei confronti di colui che aveva inaugurato la stagione proprio eliminando a Indian Wells un Murray, ancora scosso per la scoppola subita in finale a Melbourne.
La partenza di Young è a dir poco contratta. Cede immediatamente il servizio mostrando in più di un’occasione una scarsa ponderatezza nelle sue soluzioni offensive. La fretta, si sa, è una cattiva consigliera e Murray ne approfitta portandosi avanti di due break e amministrando il vantaggio per il 6-2 con cui si chiude il primo parziale, dopo appena 27 minuti.
Un nuovo break a zero inaugura il secondo set. Non sarà l’unico del set ai danni del povero Young che chiude in maniera ingloriosa (6-0) la sua prima apparizione in una finale.
Per Murray si tratta del 19° titolo in carriera, ottenuto nella stessa località in cui nel 2005 aveva raggiunto la prima delle sue 28 finali Atp, persa contro un certo Roger Federer. La vittoria odierna sancisce il suo 16° successo negli ultimi 17 incontri. Inutile sottolineare in quale contesto (slam, of course) sia maturata l’unica sconfitta subita negli ultimi due mesi.
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